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Gozi: occhio alle frontiere esterne «Lì serve la polizia europea»

4 aprile 2016

(intervista di QN al Sottosegretario Gozi)


Sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi, l'Austria chiuderà il Brennero, mentre aumentano i flussi dal Mediterraneo come ha segnalato il prefetto Mario Morcone. L'Italia diventerà una grande Lampedusa?
«Con la buona stagione e con la situazione in Libia i flussi dall'Africa, anzi e in buona parte dal Corno d'Africa stanno aumentando. Lo sapevamo».

E quindi che cosa stiamo facendo?
«Non dobbiamo sbagliare frontiera. Si debbono governare i flussi nel posto giusto, i confini esterni della Ue. Abbiamo ottenuto l'impegno che entro giugno la Ue crei un corpo di polizia per le frontiere esterne. E lì che dobbiamo rafforzare la gestione e i rimpatri di chi non ha il diritto di restare. Io credo che rafforzare i controlli all'interno della Ue continui a essere un grosso sbaglio. Auspico che anche il governo austriaco lavori con noi per accelerare la creazione del nuovo corpo di polizia delle frontiere esterne. E lì che dobbiamo mettere polizia, militari ed esperti del diritto d'asilo. Questo dovrebbe essere un bel messaggio nei confronti di chi anche in Italia blatera che la risposta è ristabilire le frontiere nazionali. Smantellare Schengen? E controproducente e dannoso per l'Italia».

Come ci stiamo attrezzando?
«Abbiamo raddoppiato le commissioni territoriali d'asilo, reso molto più rapide le procedure, abbiamo creato una rete di accoglienza diffusa in tutta Italia per evitare le concentrazioni che sollevano problemi di gestione. Ma soprattutto proprio quando è stato approvato l'accordo con Ankara il presidente Renzi ha chiesto e ottenuto che l'impegno che la Ue profonde oggi nella gestione della crisi dei rifugiati fra la Grecia e la Turchia un domani lo metta anche su altre frontiere esterne dell'Unione, qualora fosse necessario. Vale sia per l'Adriatico sia per il Mediterraneo».

Funzionerà l'accordo fra la Ue e la Turchia?
«È molto complesso, tanto complesso quanto necessario. Ora dobbiamo metterlo in atto. La Turchia è il Paese-chiave per i rifugiati dalla Siria. In primo luogo perché ne accoglie 2 milioni e 700 mila. Venerdì e sabato con la presidenza olandese andremo in Grecia, vedremo Tsipras e molti membri del governo greco responsabili degli affari interni e dell'accoglienza dei rifugiati. Ci saranno anche i responsabili degli affari europei della Francia, della Germania e del Portogallo. A cinque giorni dall'inizio vogliamo vedere come funziona l'applicazione dell'accordo e quali sono gli ostacoli operativi nel quotidiano. Se sarà necessario, faremo ulteriori pressioni perché tutti rispettino i loro impegni».

Erdogan non è un interlocutore affidabile...
«I vicini non si scelgono, bisogna averci a che fare. Più è positivo il rapporto con la Turchia, meglio è per noi. Ma nello stesso tempo non facciamo nessuno sconto sul rispetto della libertà di stampa, delle minoranze e dei diritti fondamentali. E ancor di più pretendiamo che la Turchia li rispetti ora che è ripreso il dialogo che la Ue, a nostro modo di vedere commettendo un grosso sbaglio, ha congelato per dieci anni».

L'effetto è l'involuzione autoritaria di Erdogan.
«Più dialoghiamo con Ankara, più abbiamo la possibilità di esercitare un'influenza positiva sull'evoluzione politica della Turchia».
Lorenzo Bianchi

migrazioni , Turchia
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