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Cos'è una procedura d'infrazione

La procedura d'infrazione costituisce uno strumento indispensabile per garantire il rispetto e l'effettività del diritto dell'Unione. La decisione relativa al suo avvio è una competenza esclusiva della Commissione, la quale, esercitando un potere discrezionale, può agire su denuncia di privati, sulla base di un'interrogazione parlamentare o di propria iniziativa.


Pre-contenzioso (art. 258 del TFUE)

Quando la Commissione europea rileva la violazione di una norma UE, procede all'invio di una "lettera di messa in mora", concedendo allo Stato un termine di due mesi entro il quale presentare le proprie osservazioni. La violazione contestata può consistere nella mancata attuazione di una norma europea oppure in una disposizione o in una pratica amministrativa nazionali che risultano con essa incompatibili.

La procedura d'infrazione è avviata nei confronti di uno Stato membro in quanto tale, senza che rilevi se l'autore della violazione sia un organo costituzionale, una giurisdizione, un ente territoriale o un soggetto di diritto privato controllato dallo Stato. Qualora lo Stato membro non risponda alla lettera di messa in mora nel termine indicato oppure fornisca alla Commissione risposte non soddisfacenti, quest'ultima può emettere un parere motivato con il quale cristallizza in fatto e in diritto l'inadempimento contestato e diffida lo Stato a porvi fine entro un dato termine.

Nel caso in cui lo Stato membro non si adegui al parere motivato, la Commissione può presentare ricorso per inadempimento davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee contro lo Stato in questione (art. 258 de Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, par. 2).

Si conclude così la fase del cosiddetto "precontenzioso" ed inizia la fase contenziosa diretta ad ottenere dalla Corte l'accertamento formale, mediante sentenza, dell'inosservanza da parte dello Stato di uno degli obblighi imposti dall'Unione.


Contenzioso (art. 260 del TFUE)

Se la Corte di Giustizia accerta che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del Trattato, questo è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza comporta, ponendo fine all'infrazione.

Se la Commissione ritiene che lo Stato non si sia conformato alla sentenza della Corte, essa avvia una procedura ex art. 260 del Trattato. In questa fase ciò che viene contestato allo Stato è un inadempimento ulteriore e autonomo, consistente nella mancata adozione dei provvedimenti necessari all'esecuzione della sentenza che ha accertato la violazione del diritto dell'Unione (ad esempio, modifica, abrogazione o introduzione di una disposizione normativa; recepimento di una direttiva; mutamento di una prassi amministrativa).

Come negli ordinari procedimenti per inadempimento, la procedura ex art. 260 si articola in una fase precontenziosa e in una fase contenziosa.

Con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1 dicembre 2009, la disciplina delle procedure d'infrazione ha subìto importanti modifiche. Nei casi di cattiva applicazione del diritto dell'Unione, una delle novità introdotte è rappresentata dalla maggiore rapidità del procedimento d'infrazione ai sensi dell'art. 260, par. 2 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE) rispetto a quanto disposto dal precedente art. 228, par. 2 e 3 del Trattato che istituisce la Comunità europea. Infatti, se uno Stato membro non si conforma ad una sentenza d'inadempimento emessa ai sensi dell'art. 258 del TFUE e non fornisce esaurienti giustificazioni in risposta alla "messa in mora", la Commissione può deferirlo al giudizio della Corte di Giustizia e chiedere il pagamento di una sanzione senza dover intraprendere una nuova fase "precontenziosa".

Sanzioni

Le sanzioni [1] applicabili consistono di una penalità giornaliera e di una somma forfettaria e sono calcolate dalla Commissione sulla base di tre criteri specifici:

  1. la gravità dell'infrazione;
  2. la durata dell'infrazione;
  3. la necessità di garantire l'efficacia dissuasiva della sanzione, onde evitare recidive (fattore "n").

L'importo della penalità di mora giornaliera viene calcolato come segue:

  • si moltiplica un importo fisso (2.683 euro al giorno) per un coefficiente di gravità (da 1 a 20) e un coefficiente di durata (da 1 a 3);
  • il risultato ottenuto si moltiplica per un fattore invariabile per Paese (il cd. “fattore n”) - che tiene conto sia della capacità finanziaria (PIL) che del numero di seggi al Parlamento europeo di ciascuno Stato membro (per l'Italia è 3.17).

Sulla base dei predetti parametri la penalità di mora giornaliera minima per l'Italia è pari a 8.505,11 euro.

L'importo della somma forfettaria viene calcolato come segue:

  • si moltiplica un importo fisso (pari a 895 euro) per il coefficiente di gravità (da 1 a 20, che tiene conto dell'importanza delle norme UE oggetto dell'infrazione e delle conseguenze di quest'ultima sugli interessi generali e particolari). Per il calcolo della somma forfettaria non viene applicato il coefficiente di durata incluso, invece, nel calcolo delle penalità giornaliere.
  • Il risultato viene moltiplicato per il “fattore n” e per il numero di giorni di persistenza dell'infrazione

In ogni caso, la Commissione stabilisce una somma forfettaria minima per ogni Stato membro da applicarsi qualora dal calcolo sopramenzionato risultasse un importo inferiore a detta somma.

La somma forfettaria minima per l'Italia è pari a 7.038.000 euro.

La Commissione, come da consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia (vedi per tutte le sentenze 12 luglio 2005, C-304/02, Commissione/Francia, 23 novembre 2003, C-278/01, Commissione/Spagna, 4 luglio 2000, C-387/97, Commissione/Grecia [2], che hanno prefigurato un sistema sanzionatorio basato sulla possibilità di applicare cumulativamente, e non in modo disgiunto come previsto dal Trattato, sia una somma forfettaria sia una penalità giornaliera) può chiedere di comminare cumulativamente una somma forfettaria e una penalità di mora giornaliera.



Nota

[1] Comunicazione SEC (2005) 1658 e Comunicazione (2021/C 129/01) del 14 aprile 2021.

[2] In particolare, Sentenza 12 luglio 2005, C-304/02, Commissione/Francia, punti 81 e 82: “81 L’applicazione dell’una o dell’altra di queste due misure dipende dall'idoneità di ciascuna a conseguire l’obiettivo perseguito in relazione alle circostanze del caso di specie. Anche se l’imposizione di una penalità sembra particolarmente adeguata a spingere uno Stato membro a porre fine, quanto prima, ad un inadempimento che, in mancanza di una misura del genere, avrebbe tendenza a persistere, l’imposizione di una somma forfettaria si basa maggiormente sulla valutazione delle conseguenze della mancata esecuzione degli obblighi dello Stato membro interessato sugli interessi privati e pubblici, in particolare qualora l’inadempimento sia persistito per un lungo periodo dopo la sentenza che lo ha inizialmente accertato.  82. Di conseguenza, non è escluso il ricorso ai due tipi di sanzioni previste dall’art. 228, n. 2, CE in particolare qualora l’inadempimento, nel contempo, sia perdurato a lungo e tenda a persistere.”

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