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«Questa è la base per un nuovo accordo attuazione, piu intelligente delle regole»

16 novembre 2014

(intervista del Messaggero al Sottosegretario Gozi)
 

«Cambio di passo». La lettera di Juncker piace a Matteo Renzi e al suo sottosegretario per gli Affari europei, Sandro Gozi, per il quale «abbiamo raggiunto tutti risultati che ci prefiggevamo». La lettera «riprende e indica nel 2015, con quello che Juncker ha chiamato "new start", nuovo inizio, copiando un po' il nostro motto "fresh start", tutte le priorità sulle quali abbiamo in sistito e vogliamo che la Ue lavori per fare la differenza rispetto al passato».

In che senso?
«Questa lettera è la base per un nuovo accordo. Il nostro voleva essere un semestre politico per orientare il modo dí lavorare della Ue nei prossimi cinque anni. Le parole di Juncker indicano la volontà della Commissione di lavorare meglio, passando dalla occhiuta sorveglianza tecnocratica alla logica del lavorare insieme in cui la politica deve prevalere sui parametri finanziari e sui metodi tecnocratici».

C'è altro che la Commissione dovrebbe fare?
«Innanzitutto, il piano di investimenti da 300 miliardi siano una base di partenza, non un punto di arrivo. L'Unione Europea deve fare una politica di investimenti molto più importante e farla veramente, non per finta come in passato. Inoltre, che la priorità sia la crescita vuol dire un impegno dei paesi che hanno disponibilità di bilancio a fare loro stessi una politica nuova di investimenti per stimolare la crescita della domanda interna. Questo vale soprattutto per la Germania ed è anche il messaggio del G20».

Cos'altro?
«Occorre un'applicazione più intelligente e favorevole alla crescita delle regole per i paesi con restrizioni di bilancio. Su questo insisteremo con Juncker. E occorre una nuova governante della zona Euro. Vorremmo entro dicembre o all'inizio del 2015 le proposte di Juncker per una politica economica più coordinata, con un'attenzione alla dimensione sociale a partire dagli standard minimi, e una lotta molto forte contro l'evasione e l'elusione fiscale. Non si può più tollerare la concorrenza dei paradisi fiscali».

Che dire delle agevolazioni fiscali in Lussemburgo quando Juncker era premier?
«A maggior ragione. Lotta dura all'evasione fiscale e una convergenza sull'armonizzazione a partire dalla base imponibile comune per le società nel mercato unico. Altro punto è l'immigrazione. Il nostro programma prevede la gestione comune delle frontiere. L'operazione Triton è solo l'inizio. Occorre la condivisione  degli oneri per immigrati e ri hiedenti asilo. In generale basta con l'approccio burocratico. Bisogna concentrarsi sulle cose importanti, non sui dettagli: abbandonare la logica aritmetica e i parametri assurdi finanziari a livello tecnocratico per passare a una logica di politica economica facendo uscire l'Europa dall'isolamento in cui si trova in un mondo che spinge tutto per la crescita». 

E' possibile lavorare bene con Juncker?
«Con lui vogliamo impostare un buon lavoro. Ma vogliamo i cambiamenti già nella valutazione
delle leggi di stabilità da parte della Commissione. Al vertice di dicembre vorremmo proposte  concrete e vedere come saranno le procedure di sorveglianza multilaterale sui bilanci».

C'è una pacificazione, un appeasement, fra Roma e Bruxelles?
«Non eravamo in guerra, ma pretendiamo dall'Europa maggiore rispetto e fiducia, che vogliamo  guadagnarci sia contribuendo a una nuova politica europea, sia facendo le riforme in Italia. Questa Commissione è molto più impegnata della precedente a ritrovare un proprio ruolo e impulso politico a cui le altre Commissioni avevano rinunciato nell'ultimo decennio. Se la Commissione Juncker farà questo, noi saremo lì a sostenerla».

Federica Mogherini oggi rappresenta l'Europa, ma è italiana. Darà una mano a rilanciare
la collaborazione?
«Una nostra connazionale si trova in un ruolo chiave e questo è un segno di fiducia dell'Italia. E segnalo che Federica Mogherini si è voluta insediare nello stesso edificio degli altri commissari e del presidente, non in quello che prima occupava la Ashton riservato alla diplomazia. Anche questo è un segnale».

M.Ven.

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