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«Basta miopia: i muri cadono in pochi giorni»

6 settembre 2015

(Intervista del Mattino al Sottosegretario Gozi)


«La lezione di questa crisi è che i muri, il filo spinato sono una falsa soluzione. La barriera ungherese al confine è caduta in pochi giorni». Sandro Gozi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per gli Affari europei, non ama i confini, anche politici, visto che è iscritto sia al Pd sia al Partito radicale. Ma sulla crisi dei migranti ha una visione che non può essere semplificata come buonista.

Sorpreso della mancanza di solidarietà dell'Est Europa?
«Purtroppo no. Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, il cosiddetto gruppo di Visegrad, hanno dimostrato miopia. La solidarietà non è mai a senso unico e loro hanno beneficiato della solidarietà quando l'Unione europea li ha aiutati a uscire dal comunismo e ne ricevono in misura cospicua oggi con i fondi europei».

In Lussemburgo però hanno confermato la loro posizione rigida sulle quote di richiedenti asili...
«A mio modo di vedere si può andare incontro alla Polonia rinviando nel tempo l'accoglienza dei profughi. E se c'è il sì della Polonia, seguirà quello degli altri tre».

Nel piano Junker si minacciano multe in proporzione al Pil se non si rispettano le quote. Le sanzioni non rischiano di rafforzare tensioni e populismi?
«A mio modo di vedere, come la Commissione sembra orientata, per venire incontro a posizioni come quella polacca, si può prevedere un periodo di un anno di sospensione di accoglienza dei profughi in cambio però di contributi economici. Ottenendo in questo modo il sì della Polonia seguirà poi quello degli altri».

La crisi può dare ulteriori argomenti antieuropei agli xenofobi, che in Ungheria sono al governo?
«Le Pen in Francia come Salvini in Italia sono il prodotto della non-Europa, dell'assenza di una politica sui flussi migratori. Quanto all'Ungheria, se pensava che bastasse il filo spinato per fermare le persone in fuga dalla Siria avrà compreso che era una falsa soluzione. I muri sono il contrario dell'Europa. Se prevalgono gli interessi nazionali il risultato è che ogni paese s'arrangia senza risolvere nulla. La realtà ce lo dimostra tutti i giorni. Piuttosto il muro che va abbattuto è quello delle regole di Dublino, che non funzionano».

La foto del piccolo morto sulla spiaggia può cambiare l'opinione pubblica mondiale, come pensa il Pentagono?
«Sono convinto di sì. Non possiamo essere scioccati da quella foto e poi infastiditi dai genitori che cercano di salvare i loro bimbi da quel destino».

Però la domanda dell'uomo comune resta: se apriamo le porta a tutti i diseredati del mondo, dove li mettiamo?
«Non possiamo accogliere tutti in Europa, è chiaro. Capisco che è facile cedere alla demagogia e proporre il ritorno ai vecchi steccati e ai vecchi confini. C'è solo il piccolo problema che con le ricette del buon mondo antico non si risolve nemmeno mezza crisi del complicato mondo moderno. Quindi no all'inutile buonismo o al becero populismo: dobbiamo trovare politiche che funzionino per i prossimi decenni. Abbiamo un dovere verso i cittadini europei di governare e orientare l'emigrazione economica e ambientale. Se lo sapremo fare, salveremo il nostro modello di welfare, che altrimenti salterà per motivi demografici».

Nel Mezzogiorno c'è una forte crisi demografica: meno nascite e pochi immigrati regolari rispetto al resto d'Europa. E senza sviluppo anche gli stranieri non si fermano. Il governo ha un'idea in tale senso?
«Il Sud ha bisogno di una triplice risposta. Da un lato lo sviluppo economico, poi politiche per la famiglia e per la lotta alla precarietà. A quel punto sarà anche possibile programmare gli arrivi».

Programmare è facile a dirsi e difficile a farsi.
«Concordo. Ma non si può passare da un'emergenza all'altra. L'Europa deve costruire politiche che responsabilizzino i Paesi africani e che ci permettano di gestire gli ingressi e le richieste d'asilo, come cominciamo a fare in Niger. E, ovviamente, di respingere con tempestività tutti gli irregolari».

L'Italia su questo ha molto da rimproverarsi...
«La percentuale di rimpatri in Italia è superiore alla media europea. Dove siamo in ritardo è nell'identificazione all'entrata, proprio perché l'Italia, insieme alla Grecia e all'Ungheria, è un Paese di frontiera».

Come valuta la posizione della Germania?
«Adesso che la crisi dei migranti ha investito in pieno il centro dell'Europa, la Germania fa ragionamenti sul bene comune e viene sulle posizioni che il governo Renzi difende da un anno. E ha ragione. Solo che tale principio deve valere sempre».
Marco Esposito

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