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Discriminazione fiscale, ostacolo alla mobilità nell'UE

21 gennaio 2014

Valutare se i regimi fiscali degli Stati membri recano svantaggi ai cittadini UE che vivono in uno Stato membro diverso dal proprio. E' quanto si propone di fare la Commissione UE che intende combattere ogni forma di discriminazione fiscale che può creare ostacoli alla libera circolazione dei cittadini europei.

In tal senso, le disposizioni dei singoli Stati membri in materia fiscale saranno attentamente analizzate e se dovessero emergere trattamenti discriminatori o violazioni delle libertà fondamentali garantite dall’UE, la Commissione le segnalerà alle autorità nazionali e si adopererà affinché vengano apportate le necessarie modifiche. Se i problemi persisteranno, la Commissione potrà avviare procedimenti di infrazione contro gli Stati membri in questione.

Si tratta di una iniziativa il cui obiettivo è rimuovere ogni forma di impedimento alla mobilità dei lavoratori che, come è noto, è stata riconosciuta come una delle principali potenzialità per aumentare la crescita e l’occupazione in Europa. Secondo le stime, il PIL dell'UE-15 è aumentato di quasi l'1% nel lungo periodo per effetto della mobilità seguita all'allargamento (2004-2009).

Eppure, proprio gli ostacoli fiscali rimangono uno dei principali elementi che dissuadono i cittadini dal lasciare il proprio paese di origine per cercare lavoro in un altro Stato membro. Gli ostacoli fiscali possono presentarsi sia nello Stato di origine che nel nuovo Stato di residenza e i cittadini possono essere penalizzati su molteplici fronti: per l'ubicazione dei loro investimenti o attività finanziarie, sui contributi ai regimi pensionistici, per il rifiuto di determinate detrazioni o agevolazioni fiscali.

Sotto la lente della Commissione europea, diverse categorie di cittadini UE: lavoratori dipendenti, liberi professionisti e pensionati.

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