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"Se non cambia, l'Europa morirà"

4 agosto 2019

(intervista de La Stampa al Ministro Lorenzo Fontana)

Bermuda e infradito. Al Papeete Beach, Lorenzo Fontana, nuovo ministro degli Affari europei, sfoggia il look della Lega di spiaggia e di governo. Ma la sua è una vacanza molto lavorativa.

A Roma Ursula von der Leyen ha lanciato dei segnali distensivi al governo italiano. Siete disposti a dialogare?
«Certo e non da oggi. Però per dialogare bisogna essere in due. E lunedì scorso von der Leyen non ha nemmeno voluto incontrare il nostro capogruppo a Bruxelles, Marco Zanni, che rappresenta la Lega, cioè il partito italiano che ha ottenuto la maggioranza relativa alle Europee, e il gruppo Identità e Democrazia che riunisce più di 70 eurodeputati. Se c'è davvero un cordone sanitario intorno alla Lega e al governo italiano, dialogare diventa difficile».

Però l'idea di discutere finalmente della redistribuzione dei migranti dovrebbe piacervi.
«Sicuramente. Ma la redistribuzione riguarda i profughi, che sono solo una piccola parte di chi arriva. Un'azione europea concreta e ambiziosa dovrebbe puntare a fermare i flussi migratori e i traffici di esseri umani. Serve insomma una politica per l'Africa sub-sahariana che, per esempio, la Cina ha e l'Europa no».

Si potrebbe pensare che non volete risolvere il problema dell'immigrazione perché vi fa vincere le elezioni.
«Per dimostrare che non è così basta considerare il grande lavoro fatto da Matteo Salvini per contrastare quella clandestina. Con ottimi risultati, peraltro».

L'impressione è che Conte si stia intestando i rapporti con Bruxelles.
«Come tutti i capi di governo europei, è lui che tratta con la Commissione. Ma deve farlo tenendo conto delle forze che lo sostengono, in particolare la Lega. Il presidente del Consiglio ha un ruolo importante ma non esclusivo».

Salvini dice che è improbabile che all'Italia tocchi un commissario di peso.
«Sicuramente da parte della maggioranza europea c'è una preclusione verso l'Italia che non promette nulla di buono. Ma così si fa torto all'Europa».

Perché?
«Perché l'esigenza di riformare l'Europa sta crescendo ovunque. Ed è trasversale. In Danimarca i socialisti, che non sono certo vicini a noi, hanno vinto chiedendo rigore sull'immigrazione».

Resta il fatto che l'Italia in Europa è isolata.
«Nel mondo di Trump, di Putin e di Bolsonaro direi che semmai è isolata l'Europa. Bruxelles deve fare delle scelte chiare verso l'esterno, per esempio nella grande partita fra Cina e Usa. E verso l'interno, perché o la Ue si riforma o fra cinque anni il vento del cambiamento la spazzerà via».

Potesse scegliere un commissario, quale sarebbe?
«Quello alla Concorrenza. Non è ammissibile che i colossi del web mettano la sede fiscale in Lussemburgo o in Irlanda pagando il 6% di tasse e le nostre piccole e medie imprese siano strangolate da una fiscalità al 70».

Qual è la partita europea prossima ventura che l'appassiona di più?
«Il bilancio. Sarà una discussione lunga e difficile, ma sulla Pac e i fondi di coesione l'Italia tutelerà i suoi interessi. E per approvare il bilancio occorre l'unanimità».

Crede che sparare un giorno sì e l'altro pure su Macron e Merkel porti a qualche risultato?
«Vedo che entrambi sono in difficoltà nei loro Paesi. Di certo, se la Ue continuerà a basarsi solo su un do ut des fra Francia e Germania non andrà da nessuna parte».

Per l'Italia la Brexit è un rischio o un'opportunità?
«Un'opportunità, e per due ragioni. Prima: se esce un grande Paese come il Regno Unito aumenta il peso dei grandi che restano come l'Italia. Seconda: su molte questioni, come i trattati sul libero scambio, le nostre posizioni erano lontane. Certo, bisogna giocarsela bene».

Infatti. La litigiosità del governo lo indebolisce all'estero.
«La politica interna ed estera non sono la stessa cosa. Bisogna soprattutto avere le idee chiare. In particolare, una: la Ue o cambia o muore».

Lorenzo Fontana , Commissario europeo , migrazioni
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