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"Non basta inviare navi e militari. Europa miope sull'immigrazione"

21 maggio 2015

(intervista della Stampa al Sottosegretario Gozi) 


C'è l'Europa che vorremmo, lungimirante, solidale, coesa. E poi c'è quella che c'è, che si tira indietro non appena alle parole devono seguire i fatti. Come sta accadendo con la redistribuzione dei profughi.

Che succede a Bruxelles, sottosegretario Sandro Gozi?
«Succede che per la prima volta, basandosi fortemente sul lavoro del nostro Semestre, la Commissione ha adottato un piano che si basa sui principi della responsabilità e della solidarietà tra Paesi».

Piano che traballa, però.
«Non è detto. Il principio è accettato da tutti, tranne dal premier ungherese Orban, che però è totalmente isolato. Ci sono dei distinguo, è vero. Ma abbiamo segnali che la maggioranza dei Paesi europei sta con la Commissione. Che noi sosteniamo fortemente. Anche i francesi, se stiamo alle ultime parole di Hollande, dicono di voler lavorare sulla redistribuzione dei richiedenti asilo. E ora c'è a sostegno anche il Parlamento europeo, quantomeno i grandi gruppi».

Un principio che in tutta evidenza fatica a passare. O no?
«Guardi, noi da tempo critichiamo l'ipocrisia dei vertici solenni e documenti pieni di belle parole, che poi restano nei cassetti. Stavolta alle parole sono seguiti i fatti. Di qui al 15 giugno, al Consiglio europeo dei ministri dell'Interno, ne discuteremo. Lavoreremo sui criteri per dare senso concreto alla proposta della Commissione. Ma una cosa dev'essere chiara: la nuova agenda europea sull'immigrazione all'Italia va bene se resta un pacchetto. Non è un menu di ristorante da cui si sceglie solo la pietanza che ci piace. E un pasto completo. C'è il controllo rafforzato delle frontiere esterne, il soccorso in mare, la cooperazione di polizia per l'identificazione degli stranieri, ma anche la redistribuzione dei richiedenti asilo. Il mosaico regge solo se ci sono tutte le tessere».

È fondato il sospetto che qualcuno il giorno dopo voglia sfilarsi?
«Nessuno pensi di cavarsela mandando una nave e qualche militare. La proposta si accetta o si rifiuta nel suo complesso».

Pessimista o ottimista?
«Credo che un compromesso sia possibile. Naturalmente il governo italiano comprende quanto il tema degli immigrati e dei rifugiati sia scomodo, se non addirittura esplosivo. Lo è in ogni Paese come lo è in casa nostra. Ma chi ha responsabilità di governo è chiamato a fare la sua parte. E qui lancio un appello. Passi questo o quell'esponente di opposizione, però chi governa non getti benzina sul fuoco con dichiarazioni avventate. In questa difficile fase è fin troppo facile incendiare l'opinione pubblica. Occorre senso di responsabilità».

Davvero pensate di riuscire a gestire con voce univoca il dramma della Libia?
«Intanto vanno superate le paure e le ritrosie suscitate dal principio della condivisione. Il prossimo passo, sarà un sistema europeo dell'asilo politico. Perciò dico ai miei colleghi: vi illudete, inseguendo il mito di quant'era bello il mondo quando c'erano le sovranità nazionali, di poter gestire un fenomeno simile. Nessun Paese può farcela da solo. Solo l'Europa nel suo insieme, forse, può riuscirci».

Quella dei richiedenti asilo è solo l'ultima tra le delusioni di questa Europa. Come se ne esce?
«È vero, sulla gestione della crisi economica-finanziaria, ad esempio, finora è stata un'Europa miope - prigioniera dell'emergenza - strabica, fissando solo l'austerità, e zoppa, con una moneta senza unione economica e politica. Adesso ha iniziato a cambiare, ma per noi è solo l'inizio di un cambiamento vero che vogliamo più rapido forte e giusto».
Francesco Grignetti

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