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"No all'austerity che vuole Berlino. Weber si sbaglia, l'Italia è in regola"

16 maggio 2016

(intervista del Messaggero al Sottosegretario Gozi)


Sottosegretario Gozi, mercoledì arriveranno le "pagelle" della Commissione. Il governo teme sorprese?
«Il negoziato lo sta conducendo il ministro Padoan ma mi sembra ci sia la volontà di riconoscere all'Italia gli sforzi fatti sulla crescita, le riforme e la creazione di posti di lavoro attraverso un'applicazione intelligente della flessibilità. Vedremo mercoledì come si svilupperà il dibattito tra i commissari».

Juncker disponibile con l'Italia, ma i tedeschi no, almeno a leggere la lettera scritta alla Commissione dal capogruppo del Ppe Weber contro Spagna, Portogallo e Italia.
«C'è una differenza di vedute tra noi e il Ppe, non c'è dubbio. Noi riteniamo che in questa fase economica dell'Europa occorra applicare le regole nella maniera più favorevole possibile alla crescita e agli investimenti e pensiamo che un'applicazione ortodossa delle regole che è stata fatta nel periodo dell'austerità abbia fallito. Occorre invece ripartire dagli investimenti e dalla crescita nel quadro tracciato dalla Commissione nel gennaio del 2015».

Weber parla solo come leader del Ppe o anche come il falco vicino alla cancelliera tedesca Merkel?
«Con la Germania abbiamo un confronto positivo. Abbiamo dei punti di piena convergenza come sull'immigrazione, la rivisitazione delle regole dell'asilo e nella difesa delle frontiere esterne all'Unione. Su altri temi ci sono impostazioni di tipo diverso, ma ora il dialogo con Berlino sta però funzionando».

Non pensa che in questo momento la Merkel abbia abbassato i toni sulla flessibilità proprio perchè ha problemi alle frontiere?
«Non lo so, ma dobbiamo considerare che questa legislatura in Europa, e lo stesso consenso alla Commissione Juncker, si basa su un compromesso politico molto chiaro che comprende politiche comuni sull'immigrazione nell'interesse di tutti un chiaro impegno a costruire politiche comuni più attente alla crescita e agli investimenti. E' chiaro che tutti sono tenuti a rispettare quel patto. Anche Juncker».

Le parole molto dure di Weber sono a suo giudizio condivise anche dai parlamentari italiani che appartengono al Ppe?
«Lui è il presidente del Ppe e parla a nome del Ppe. Non conosco il dibattito interno ma prendo atto che più volte i popolari europei hanno assunto posizioni molto rigide ed ortodosse legate all'austerità. Immagino ci sia un dibattito, ma ciò non emerge abbastanza».

Poco più di un mese e nel Regno Unito ci sarà il referendum.
«Sarà un passaggio storico fondamentale e ritengo sarebbe molto negativo se l'elettorato scegliesse di uscire dall'Unione europea. Abbiamo lavorato per evitarlo, ma comunque dopo il referendum si deve aprire una nuova fase per uscire dallo status quo. Altrimenti l'Europa rischia l'inizio della disintegrazione mentre noi abbiamo la fortissima necessità di rilanciare il processo di integrazione politica».

Come?
«Rilanciando le politiche di investimenti, accelerando la costruzione di politiche comuni di integrazione economica e sociale. Inoltre occorre riprendere il tema di come governare la zona-euro anche perché a questo è legato l'accordo fatto con il Regno Unito. Da qui all'anniversario dei Trattati di Roma del prossimo anno e poi dal 2017 al 2019, anno di scadenza della legislatura europea, si aprano due fasi. La prima di preparazione e poi di decisione durante le quali dovremmo prendere decisioni molto importanti».

Teme più la Brexit o nazionalismi e populismi?
«Nazionalismo, populismo, razzismo e antisemitismo sono drammaticamente tornati in Europa. La crisi sociale e dell'occupazione e le timidezze, le assenze e i ritardi dell'Europa degli anni scorsi credo siano le cause principali del ritorno di questi demoni».
Marco Conti

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