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«L'Europa è zoppa, e quei vertici notturni non sono più sufficienti»

22 marzo 2015

(intervista del Sole 24 Ore al Sottosegretario Gozi) 


Un vertice notturno a Bruxelles, giovedì 19 marzo, ha riaperto il dialogo tra l'Europa e Atene. La formazione era ridottissima, di fatto è stato un accordo Merkel-Tsipras, ma al tavolo c'era anche il presidente francese Hollande, quello della Bce Mario Draghi, e i presidenti del Consiglio dell'Unione Donald Tusk, della Commissione, JeanClaude Junker, e dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. Cosa pensa di questo metodo Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei? «Era fondamentale trovare una soluzione rapida sul caso greco, creando un clima più positivo. Ma questo sistema delle riunioni notturne è la dimostrazione di due problemi. Primo: la crisi di fiducia reciproca tra Stati membri. Secondo: urge cambiare il metodo di governo dell'euro. I segnali dell'economia sono positivi e la nostra moneta dovrebbe prepararsi a correre. Ma non può farlo perché l'Europa è zoppa. Il caso greco deve portare al centro del dibattito un nuovo modo di governare l'Unione e, ripeto, l'euro».

E qual è la posizione del governo italiano?
«Abbiamo un obiettivo molto ambizioso: elevare il dibattito e lavorare per un governo-democratico e sociale dell'euro. Il metodo dei vertici notturni ristretti è insufficiente».

Cosa bisogna cambiare?
«Abbiamo una moneta unica. Ma se vogliamo che sia una scelta irreversibile non possiamo continuare con politiche economiche diverse e non abbastanza coordinate. Manca una politica economica europea unitaria così come manca il principio della condivisione del rischio. Di qui nascono le diffidenze reciproche, come ha dimostrato la crisi esplosa la settimana scorsa con certe improvvise dichiarazioni di Atene e di Berlino. La conseguenza è una diminuzione dell'efficacia dell'azione economica europea come interlocutore internazionale e come soggetto capace di assumere decisioni forti e uscire rafforzato dalla crisi».

Concretamente cosa devono fare gli Stati membri e cosa deve fare l'Unione?
«Rafforzare l'integrazione europea sia a livello politico che economico puntando su progetti di riforma forti a livello delle singole nazioni. Bisogna far crescere la solidarietà europea. Per questo l'Italia ha puntato sulla flessibilità. Dando più margini rispetto a situazioni diverse ma mantenendo obiettivi comuni ci si assume responsabilità politiche. L'applicazione rigida delle regole, invece, deresponsabilizza».

Se dovesse sintetizzare in uno slogan?
«E' il momento di entrare in un nuovo ciclo. Non possiamo più restare nella morsa tra Paesi con poco debito scettici verso i Paesi con debolezze strutturali che, a loro volta, danno la colpa all'euro per le loro incapacità di uscire dalla crisi. Occorre rinvigorire il governo democratico sovranazionale e ci vogliono politiche di solidarietà sociale che vadano di pari passo con quelle monetarie. Penso, per esempio, a un fondo europeo per la disoccupazione che possa intervenire perseguendo chiari obiettivi sociali. La questione democratica di cui parlo riguarda anche il nuovo modo di governare l'euro. Dobbiamo o no superare il controllo tecnocratico della troika? A mio avviso sì, affidando il compito al Parlamento europeo. L'Europa deve correre con due gambe solide: la moneta e l'economia, da una parte, e dall'altra la democrazia per poter trattare anche politicamente alla pari con giganti mondiali come Cina o Usa».
Paolo Conti

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