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La necessità di costruire un'Unione più sociale

14 marzo 2017

(articolo sul Corriere della Sera di Sandro Gozi, Harlem Désir, Thomàs Prouza, Michael Roth, Georgios Katrougalos, Carmelo Abela, Margarida Marques)


Sessant'anni fa, i cittadini europei hanno gettato le basi dell'Unione Europea — una delle costruzioni di maggior successo per la pace, la democrazia, la libertà, l'uguaglianza, la prosperità e la solidarietà che il mondo abbia mai visto. L'Erasmus sostiene milioni di studenti; i fondi strutturali aiutano le regioni più povere d'Europa a ridurre i ritardi di sviluppo; la libera circolazione permette ai nostri cittadini di viaggiare, vivere, lavorare e studiare ovunque in Europa. E ci sono molti altri esempi. C'è molto di cui essere orgogliosi, ma nulla di tutto ciò può essere considerato immune da imperfezioni. Il mondo sta cambiando. Il nazionalismo galoppa. Tensioni populiste stanno montando in tutta Europa. Concentrandoci unicamente su interessi nazionali, rischiamo di perdere di vista le priorità comuni. Nel frattempo, l'Europa non è ancora definitivamente uscita dalla crisi finanziaria globale del 2008. Anche se intravediamo una lieve ripresa economica, la situazione sociale in molti Paesi non migliora.

Per questo motivo è cresciuta la percezione che l'Unione Europea non sia in grado di affrontare sfide come la disoccupazione, la stagnazione economica e la questione migratoria. Al contrario, è vissuta come distante, complicata, opaca: il perfetto capro espiatorio di molti problemi. La fiducia degli elettori europei si indebolisce e la nostra solidarietà, duramente conquistata, è minacciata. Le stesse fondamenta del progetto europeo sono ora in discussione. Oggi siamo a un bivio: riusciremo a rilanciare l'Unione Europea solo se ci incamminiamo verso un'Unione più sociale. E più impegnata per la giustizia e la difesa dei valori comuni. Come ministri degli Affari europei dei partiti progressisti in tutto il Continente, ci siamo sempre battuti per democrazia, solidarietà, stato di diritto e diritti fondamentali. Questi valori costituiscono il fulcro della nostra identità europea condivisa. Essi sono anche le fondamenta sulle quali dobbiamo rilanciare l'Europa. Il progresso sociale è per noi lo strumento per innalzare il benessere comune.

In primo luogo, dopo anni di stagnazione economica, dobbiamo far ripartire le nostre economie in maniera sostenibile sia sul piano ambientale che sociale. Come progressisti in Europa ci siamo battuti per ottenere maggiori investimenti e politiche economiche più equilibrate focalizzate non solo sul consolidamento fiscale e sulle riforme, ma anche e altrettanto sulla crescita e gli investimenti. Noi continueremo a farlo al fine di creare una maggiore convergenza sia tra gli Stati membri che negli Stati membri oltre a una crescita inclusiva. È giunto il momento di rendere la nostra Unione Europea una vera Unione sociale, con diritti per i lavoratori, posti di lavoro e redditi sicuri, un salario minimo in tutti gli Stati membri, e misure incisive per contrastare le divergenze salariali e le grandi differenze negli standard di vita e nella sicurezza sociale. Dobbiamo lavorare a stretto contatto con le organizzazioni sindacali per sviluppare le tutele sociali e uno stato sociale che soddisfi le esigenze di economie in rapida evoluzione. E non dobbiamo tollerare il dumping sociale, ovunque si manifesti.

Per tutte queste ragioni, abbiamo bisogno di un forte impegno sociale dell'Unione Europea da inserire nella prossima dichiarazione di Roma il 25 marzo, con cui vogliamo promuovere un nuovo accordo sull'Unione sociale, da sviluppare quando i leader europei si incontreranno a novembre per un vertice sociale in Svezia. I diritti sociali e l'inclusione nell'Ue hanno un loro valore in sé e l'Ue intende preservare il proprio modello capace di coniugare la crescita economica con la sicurezza sociale. Per garantire questo risultato abbiamo bisogno di più coerenza nelle nostre politiche. Nello sviluppare ulteriormente il mercato unico, nel riformare le nostre economie e nel consolidare il settore pubblico dobbiamo valutare l'impatto a livello sociale rimanendo ancorati agli obiettivi che ci siamo dati.

Per esempio siamo ancora lontani dell'obiettivo di un tasso di occupazione del 75%, ancora non abbiamo raggiunto l'obiettivo per gli investimenti nella ricerca e nell'istruzione né abbiamo ridotto le disuguaglianze di genere o il tasso di povertà a un livello accettabile. Così, come progressisti lavoreremo per un forte riequilibrio a favore dell'inclusione, della sicurezza sociale e dei diritti sociali anche attraverso un forte coordinamento delle politiche sociali.

In secondo luogo, l'Europa deve essere molto ferma nel sostenere e nel difendere la democrazia e lo stato di diritto, sia nel nostro continente che all'estero. Qualora venissero confermate violazioni dello stato di diritto, ci sarebbero serie conseguenze politiche. Allo stesso tempo i cittadini devono essere al centro del processo decisionale a livello locale, regionale, nazionale ed europeo, e dovremmo rendere le istituzioni politiche più responsabili. In terzo luogo, dobbiamo agire per gestire con efficacia la crisi dei rifugiati. L'Europa è sempre stata un continente di migrazioni. Quando persone provenienti dall'Europa dell'Est hanno avuto necessità di riparo, glielo abbiamo dato. E lo stesso abbiamo fatto per tutti i flussi provenienti dall'Europa meridionale, dai Balcani occidentali, dal Vietnam, dal Cile e dalla Somalia.

Siamo determinati a difendere i nostri valori, come sempre, con una politica di asilo europea forte e solidale che comprenda meccanismi di equa ripartizione degli oneri. Dobbiamo inoltre lavorare con i nostri Paesi vicini e partner in tutto il mondo per affrontare le cause di origine della migrazione. Allo stesso tempo è fondamentale rafforzare il controllo delle nostre frontiere esterne comuni con i nuovi Corpi europei delle Guardie di Frontiera.

Quarto, la sicurezza dei cittadini europei è un'assoluta priorità — ma può essere garantita solamente attraverso la cooperazione e la trasparenza. Le politiche di sicurezza e di difesa comune sono gli strumenti migliori per proteggerci, in particolare nella lotta contro il terrorismo. Ma dobbiamo anche combattere per proteggere i valori fondanti nella nostra società — tolleranza, apertura e diritti umani — da coloro che vorrebbero indebolirli. Una cosa è certa: l'Europa di domani non sarà come l'Europa di ieri. Le nuove sfide comuni — cambiamenti geopolitici, digitalizzazione diffusa e la transizione verde — richiedono nuove soluzioni condivise.

Notiamo differenti livelli di ambizione tra gli Stati membri a procedere verso la strada dell'integrazione europea. Non solo dopo la Brexit o rispetto a queste sfide. In ogni caso dobbiamo assicurare la parità di trattamento: abbiamo un trattato valido e applicabile per tutti in tutti i suoi aspetti. Esso lascia anche margini affinché alcuni Stati membri vadano avanti più velocemente su obiettivi concreti sui quali concordano. II ritorno ai nazionalismi non risolverebbe alcun problema. L'Unione Europea è la nostra vera risposta alle sfide della globalizzazione e dobbiamo difenderla e rilanciarla.

Harlem Désir, Segretario di Stato agli Affari europei (Francia); Sandro Gozi, Sottosegretario alle Politiche e agli Affari europei (Italia); Thomàs Prouza, Segretario di Stato agli Affari europei (Repubblica Ceca); Michael Roth, Ministro di Stato per l'Europa (Germania); Georgios Katrougalos, Vice ministro degli Affari esteri (Grecia); Carmelo Abela, Ministro per gli Affari interni e della Sicurezza nazionale (Malta); Margarida Marques, Sottosegretario di Stato agli Affari europei (Portogallo)

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