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Il tempo dei figli fondatori

4 febbraio 2016

(articolo sull'Unità del Sottosegretario Gozi)


E' il tempo dei figli fondatori. Lo status quo europeo rischia di portare alla disintegrazione. Mentre noi vogliamo rilanciare l'Europa politica, democratica, sociale. E vogliamo essere protagonisti del nuovo processo di integrazione europea. Questo è il ruolo che spetta all'Italia. Ma per cambiare l'Unione dobbiamo cambiare la politica europea dell'Italia. Noi confermiamo la scelta europea del nostro paese. Una scelta storica e politica. Una scelta di identità e di valori che affonda le sue radici a Ventotene, come ha giustamente voluto riaffermare Matteo Renzi, e che oggi impone di ripartire innanzitutto dalla tutela dello Stato di diritto, dei diritti umani e delle libertà fondamentali all'interno della nostra Unione ancor prima di promuoverla nel mondo. Come possiamo rinunciare a Schengen e parlare di Erasmus...? Perché rinunciare alla nostra libertà e alla nostra identità dovrebbe rafforzare la nostra sicurezza...?

Una scelta che impone un rapporto più maturo, più franco e in fondo più consapevole con l'Unione. Si, abbiamo reciso il "vincolo esterno": e' questa forse la vera discontinuità della nostra politica europea rispetto al passato. L'Europa che vogliamo non è qualcosa di "altro" da noi. Non portiamo avanti le nostre politiche perché "ce lo chiede l'Europa". Ma perché sono nell'interesse del nostro paese e perché servono a costruire un'altra Europa, più coerente con il progetto originario e più capace di rispondere alle nuove sfide globali e transnazionali.

L'Europa che vogliamo e' un moltiplicatore di opportunità. Opportunità per i governi, oggi alle prese con sfide che richiedono nuove politiche comuni e regole più intelligenti a favore della crescita, dell'occupazione, della sicurezza. Opportunità per i cittadini, a partire dalla libertà di viaggiare, lavorare, studiare liberamente in tutta l'Unione. Opportunità per le, imprese, in particolare le PMI. E proprio perché abbiamo il coraggio di compiere delle scelte nazionali senza nasconderci dietro gli impegni e le regole europee, siamo altrettanto determinati nel chiedere nuove politiche della stessa Unione.

Ieri anche Junker ha definito «stupida» l'austerità. Eccesso verbale? Toni eccessivi? O piuttosto la constatazione al più alto livello che le ricette portate avanti dalla stessa Commissione UE nell'ultimo decennio non hanno portato i risultati sperati e che dobbiamo cambiare ...?

Noi abbiamo bisogno di certezze: non possiamo negoziare ogni settimana l'interpretazione di questa o quella regola. Abbiamo bisogno di punti fermi per programmare negli anni un processo di sviluppo e di riforma del nostro paese. E abbiamo bisogno di ragionevolezza ed equità: le decisioni per affrontare la crisi migratoria, ad esempio, non possono variare a seconda che i rifugiati passino dalla Turchia e dai Balcani o dalla Libia e il Mediterraneo. Devono valere le stesse regole, per tutti. E vanno chiarite subito.

Fare politica europea nell'UE a 28 Stati membri e in questa fase storica, poi, è molto diverso rispetto a quando l'UE era di 12 o 15 paesi. Ed è diverso anche rispetto ai primi anni successivi agli 3 ultimi allargamenti. Gli assi, le coppie e gli equilibri di forza sono molto cambiati.

Le alleanze vanno ricostruite a partire da nuove iniziative politiche e da progetti concreti. E non viceversa. Noi lo stiamo facendo, attraverso proposte di riforma presentate nelle sedi europee e nei nostri intensi contatti bilaterali con i vari governi. Qualche esempio? Le proposte del Presidente Renzi sulla riforma della zona euro di maggio 2015, con idee molto innovative come il sussidio europeo contro la disoccupazione, un bilancio per la zona euro e un governo più democratico e legittimato dell'euro. Le proposte per uno spazio Schengen più forte ed efficiente, con un corpo di polizia europea delle frontiere esterne - elemento essenziale per una vera europeizzazione delle frontiere comuni e per un asilo comune europeo - presentate durante il semestre di Presidenza italiana nel 2014 e oggi riprese e proposte dalla stessa Commissione europea.

O la nostra proposta per rilanciare il processo politico europeo nel 2017, a partire dai 60 anni del trattato di Roma, su cui stiamo lavorando in stretto contatto con le tre presidenze dei prossimi 18 mesi- Paesi Bassi, Slovacchia e Malta - e con i paesi più interessati, attraverso iniziative e dibattiti volti a identificare le possibili priorità politiche condivise per rilanciare l'Unione. Vari governi sono interessati alle nostre proposte. E ci stiamo confrontando con tutti gli attori che condividono la nostra analisi. Non dipende dall'Italia però se oggi alcuni attori chiave sono focalizzati su una sola grande priorità: terrorismo, rifugiati o referendum a seconda del governo....

Noi stiamo lavorando per collocare queste importanti sfide in una strategia e una visione d'insieme più ampi. Certo, stiamo difendendo con forza gli interessi italiani nei singoli dossier, dal digitale agli hotspots, dai vari casi di aiuti di stato alla clausola migratoria, dalla revisione del bilancio multiannuale alle produzioni di qualità, dal negoziato commerciale UE-USA ai rapporti con la Cina, dalla lingua italiana nei concorsi europei alla presenza italiana nei posti apicali delle istituzioni comuni tanto per citare alcuni esempi. E lo faremo con ancora più determinazione nei prossimi mesi. Ma questo non ci impedisce di proporre anche una nuova visione di Europa. Anzi, la tutela dei nostri interessi viene ancora più rafforzata dal nostro impegno per riformare l'Unione e le sue politiche.

Il dibattito che abbiamo aperto è altamente politico. Come tutti i dibattiti veri passa per una dialettica forte e un confronto a volte anche aspro. Era necessario per uscire da un finto unanimismo, frustante per la politica, deludente per i cittadini. Ora dobbiamo costruire un'Europa all'altezza delle sfide della politica e delle attese dei nostri cittadini.
Sandro Gozi

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