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I mali dell'Unione

16 gennaio 2016

(articolo sull'Unità del Sottosegretario Gozi)


"Un nuovo inizio e una volontà radicalmente nuova sono necessari se vogliamo dare nuovo slancio al progetto europeo": sono le parole con cui abbiamo avviato il nostro semestre di Presidenza europea, il 2 luglio 2014. Da allora, ci siamo costantemente impegnati per rendere concreto quel "Nuovo Inizio" (Fresh Start) che poi la Commissione Juncker ha fatto proprio, facendo del New Start, la sua parola d'ordine. Questione di coerenza: siamo stanchi di altisonanti dichiarazioni europee a cui non seguono fatti concreti per i cittadini europei.

Questione di necessità: "Le elezioni europee hanno dimostrato che vi è una richiesta diffusa e ancora senza risposta di cambiamento in Europa" avevamo scritto dopo quelle elezioni in cui il Pd è diventato il primo partito in Europa.

Crescita e lavoro, nuova politica economica, riforma dell'eurozona e delle istituzioni Ue, Stato di diritto e diritti fondamentali, lotta alla burocrazia...: sono i principali punti su cui ci siamo impegnati e su cui abbiamo impegnato il Presidente Juncker e la sua Commissione.

Lo abbiamo scritto nel nostro programma. Lo abbiamo posto come condizione per designare Juncker come presidente in Consiglio europeo e poi eleggerlo in Parlamento. Da allora, abbiamo sempre apprezzato le decisioni della Commissione che andavano in quel senso. Né abbiamo mai inteso offendere nessuno. Ma abbiamo criticato, e continueremo a farlo, atteggiamenti e decisioni tecnocratiche, ritardi e rinvii, timidezze e miopie in contrasto con quel carattere "politico" che questa Commissione vuole giustamente avere, in discontinuità con il decennio Barroso.

Nulla di sorprendente, nessun tatticismo: siamo convinti che oggi o rilanciamo l'Europa partendo dai nostri valori di fondo o rischiamo l'inizio della disintegrazione europea. Anziché "preoccuparci" per i toni, allora, "pre-occupiamoci" di realizzare più rapidamente le nuove priorità politiche europee.

Per questo, vogliamo riformare l'Unione. Allo stesso tempo, rispettiamo tutte le regole, che vanno applicate alla luce dei nuovi obiettivi politici fissati insieme in Europa e per l'Europa. E la Commissione è la prima istituzione a doverlo fare, in modo imparziale. Un esempio della nostra battaglia è proprio la flessibilità. "Occorre prestare particolare attenzione a riforme strutturali che potenzino la crescita... sfruttando al meglio, nel contempo, la flessibilità insista nelle norme... del Patto di Stabilità...": abbiamo passato un'intera notte a Ypres, al Vertice europeo di fine giugno 2014, a negoziare questa frase.

Da quel Vertice e soprattutto durante il nostro semestre di Presidenza, abbiamo lavorato con assiduità per rendere concreta questa "flessibilità" e abbiamo impegnato politicamente la nuova Commissione, che ha poi presentato la Comunicazione sulla flessibilità all'inizio del 2015. Ora però applichiamola, per accompagnare e incoraggiare le riforme strutturali e gli investimenti; e per rispondere alle crisi migratorie e del terrorismo. Senza presentarla come una concessione, perché non lo è: è un atto di coerenza con quanto abbiamo deciso insieme, che vale per tutti.

Noi abbiamo fatto una scelta europea in un paese che porta ancora addosso il peso di una profonda crisi economica e sociale. In cui la delusione e l'indifferenza verso l'Europa crescono. In cui praticamente tutte le opposizioni sono anti-europee: chi vuole uscire dall'Ue, chi dall'euro, chi vuole ricostruire i muri, chi vuole buttare a mare tutti i profughi... Ma scegliere l'Europa non vuol dire scegliere lo status quo. L'inerzia e l'ipocrisia sono i mali peggiori dell'Unione di oggi. Scegliere l'Europa vuol dire agire per il cambiamento e riformare l'Unione. Perché forse è vero, come è stato detto, che non sempre cambiare equivale a migliorare. Ma per migliorare bisogna sempre cambiare. E noi vogliamo un'Europa migliore.
Sandro Gozi

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