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Rassegna Stampa

Ministro Foti: "I dazi Usa pesano, l'UE rimborsi le imprese. Per frenare la corsa dell'euro intervenga la BCE" 

(intervista de La Stampa al Ministro Tommaso Foti) 

Dazi americani, euro sopravvalutato e burocrazia che pesa come una tassa occulta. Tommaso Foti, ministro per gli Affari Ue, fissa le priorità in vista dell'autunno caldo per l'export imposto da Washington: difendere le aziende italiane e spingere Bruxelles a fare la sua parte. «L'Europa deve compensare le imprese e abbattere i propri dazi interni», scandisce. Nel mirino anche la Bce, chiamata a intervenire con strumenti straordinari. 

Ministro Foti, siamo a settembre e la clessidra dell'impatto dei dazi sulle nostre imprese corre velocissima. Che succederà da qui a fine anno? 
«L'impatto arriverà, ma possiamo lavorare per attutirlo. Che i dazi siano negativi lo sappiamo e lo abbiamo già detto. Detto ciò, non dovremmo dimenticare che il mercato Usa pesa per il 12% del nostro export. È tanto, ma non è tutto. Il sistema Italia dovrà saper sfruttare i due vantaggi che ha - la varietà dei prodotti e il marchio Made in Italy per rilanciarsi attraverso competitività e innovazione. L'ambizione per i prossimi anni è arrivare a 700 miliardi di euro di export (oggi siamo a 623,5 ndr) e per farlo servirà aprirci di più all'Asia, all'India, al Giappone, al Messico, al Brasile, all'Arabia Saudita. C'è poi il trattato Mercosur. Questo succederà: allargheremo il nostro raggio d'azione attraverso nuove partnership economiche». 

E il ruolo dell'Europa? Toccherà a Bruxelles compensare le imprese? 
«L'Europa continuerà a negoziare con gli Usa, per le compensazioni il presupposto ora è uno solo: è presto. Pensiamo ai vini, dove ci sono accordi ancora da finalizzare. Serviranno misure compensative, certo, ma più avanti. È l'Europa che deve farsi carico degli squilibri, tenendo conto che in base ai prodotti e all'export non tutti i Paesi sono colpiti allo stesso modo. In parallelo Bruxelles deve recuperare margini di produttività e abbattere i dazi "interni": quelli della burocrazia, che secondo Mario Draghi pesano quanto i dazi americani. Sul tavolo ci sono già quattro pacchetti normativi Ue: auspichiamo entrino presto in vigore. E serve anche che la Bce affronti la sopravvalutazione dell'euro, magari con quantitative easing o un significativo ulteriore taglio dei tassi per bilanciare il rapporto tra euro e dollaro. Quello dei dazi è un fronte complesso, da affrontare su più piani». 

Intanto in Cina si riuniscono Russia, India e Pakistan. Che tipo di segnale bisogna leggerci? 
«Va consolidandosi un nuovo ordine multipolare che, solo prendendo i presenti di oggi, vale 500 miliardi di dollari di interscambio. Ma poi ci sono anche i Brics allargati a Egitto, Etiopia, Arabia Saudita, Emirati. E un segnale che l'Occidente deve valutare seriamente, ripensando che futuro immagina per se stesso, non solo registrare come cronaca». 

Nonostante le accelerazioni, il nodo Kiev è ancora lì. A giorni tornano a riunirsi i "volenterosi". Senza "stivali sul terreno" qual è il ruolo dell'Italia? 
«Abbiamo detto con chiarezza che la garanzia di sicurezza per Kiev passa dall'articolo 5 della Nato: il nostro ruolo è riuscire a raggiungere questo obiettivo a tempo debito. Viste le dichiarazioni di Putin rimaste lettera morta, però, direi che la svolta del conflitto non è vicina. È prematuro immaginare altro: la priorità è lavorare a un incontro che chiarisca le basi di un tavolo di pace». 

Sul fronte di Gaza è trapelato ieri dalla stampa Usa il piano per trasformare la Striscia in un polo turistico hi-tech, con incentivi ai palestinesi per lasciare l'area. L'Italia può appoggiare una simile proposta? 
«La politica e la diplomazia non suggeriscono di commentare ipotesi giornalistiche, soprattutto in un teatro così delicato. Noi continuiamo a dire: cessate il fuoco. Senza quello restiamo nel campo delle teorie, prive di realismo». 

Per il governo questa è la settimana della ripresa. Quali sono le priorità per i prossimi mesi? Elly Schlein già parla di un «autunno caldo». 
«La priorità è la legge di bilancio: siamo ancora alle fasi preparatorie, ma sarà il provvedimento centrale». 

Certo, ma già fa discutere. Saranno le banche a finanziare il sostegno al ceto medio? 
«La legge di bilancio si commenta quando esce dal Consiglio dei ministri, non prima. I retroscena creano solo confusione. Ciò che conta è che la prudenza con cui abbiamo gestito i conti in questi tre anni è stata riconosciuta dalle agenzie di rating e dalla stampa internazionale. L'opposizione può non gradirlo, ma è un dato di fatto». 

C'è il capitolo regionali. A poco più di due mesi dal voto non c'è ancora un candidato in Veneto. Non è un rischio per il centrodestra? 
«La situazione è fluida ma tranquilla. La verità è che in Veneto possiamo permetterci di scegliere l'ultimo giorno utile: tanto vinciamo. Il problema semmai è dell'opposizione. Per noi contano il miglior programma e il miglior candidato, non la bandierina di partito. La convergenza la troveremo». 

(intervista di Francesco Malfetano, La Stampa)