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Gozi: "Una spinta per uscire dalla logica dell'emergenza"

4 maggio 2015

(intervista di Repubblica al Sottosegretario Gozi) 


Per l'Italia il futuro governo dell'euro dovrà essere più attento alla dimensione sociale, più democratico e solidale nella gestione dei conti a partire dalla condivisione dei rischi legati alle politiche economiche comuni. «Per rendere tutto questo possibile sarà necessario creare un vero bilancio dell'eurozona che in tempi di crisi aiuti i governi a tenere in ordine i conti e a lottare contro la disoccupazione», spiega Sandro Gozí, sottosegretario agli Affari europei e coordinatore del lavoro tra diversi ministeri e Palazzo Chigi sulla governance dell'euro. Gozi ci illustra in anteprima le proposte che Matteo Renzi porterà al tavolo dei leader dell'Unione.

Quali saranno le idee che guideranno la posizione dell'Italia nel negoziato?
«Partiamo dalla necessità di dare attuazione al primato della politica, impostazione che sin dall'inizio ha caratterizzato l'azione di Renzi in Europa e che vogliamo applicare in tutti i settori, a cominciare dalla nuova governance dell'euro».

Qual è il punto d'arrivo?
«Vogliamo far uscire la moneta unica dalle logiche emergenziali e tecnocratiche imposte dalla crisi dando vita a decisioni come il Fiscal Compact. Servono maggiore trasparenza e un più alto tasso di democrazia nella gestione della nostra moneta. Il governo italiano spingerà affinché questo avvenga e non a caso il Pse ci ha incaricato di coordinare i governi di centrosinistra in questo negoziato. Ma lavoriamo anche sulle istituzioni affinché il dibattito sulla governance sia il più approfondito e ambizioso possibile».

Secondo l'Italia bisogna riscrivere i trattati?
«Da qui a giugno le nostre proposte serviranno ad alzare ambizione e obiettivi del processo di riforma. Da giugno al 2018 faremo tutto il possibile per migliorare la governance della nostra moneta all'interno di regole è trattati esistenti. Nel 2018 si dovrà poi decidere quali parti del Fiscal Compact inserire nei trattati europei: secondo noi sarà quello il momento per vedere se ci saranno le necessità economiche e le condizioni politiche per avviare una limitata revisione dei trattati. Ovviamente, come in ogni negoziato, non tutte le nostre proposte verranno accettate, ma spingeremo per un risultato di alto profilo».

Quali sono i punti su cui punterà l'Italia?
«L'irreversibilità dell'euro, la necessità di renderlo più resistente a future crisi e turbolenze internazionali. Al tempo stesso chiediamo riforme che migliorino solidarietà e performance perché senza solidarietà si minano le fondamenta dell'eurozona e si danneggiano le performance. Questo anche per valorizzare gli effetti positivi che le riforme nazionali hanno su tutta l'eurozona. La crisi ha dimostrato che le falle del sistema compromettono sacrifici e riforme dei Paesi. Noi invece vogliamo che, proprio per il valore aggiunto che hanno per tutta la zona euro, vengano valorizzate».

Sul versante delle politiche di bilancio che idee avete?
«Serve un presidente a tempo pieno dell'Eurogruppo che sia anche commissario europeo agli Affari economici. Poi una commissione ad hoc per l'euro in seno al Parlamento di Strasburgo. Inoltre serve una politica fiscale: negli ultimi anni ci siamo messi tutti a risanare le finanze con effetti controproducenti mentre l'Europa dovrebbe camminare su due gambe. Abbiamo quella monetaria, serve quella fiscale».

Con quali strumenti?
«Si potrebbe introdurre una Fiscale stance comune, decidere collettivamente il target di politica fiscale aggregato da perseguire tutti insieme, un certo livello di spesa e uno di investimenti a livello Ue. Poi i Paesi si dividono i compiti».

Cosa proporrete per la gestione del debito?
«Il problema si risolve con la crescita e bisogna creare strumenti comuni per stimolarla: iniziative come il piano Juncker vanno nella giusta direzione, ma bisogna andare oltre. E' il tema della Fiscal capacity (bilancio della zona euro, ndr) che noi riteniamo centrale. Per completare l'architettura dell'eurozona è poi necessario fare di più sul fronte della condivisione dei rischi. Il Fondo di risoluzione delle crisi bancarie è un buon esempio di come gradualmente si può realizzare un fondo europeo con soldi nazionali ed europei, con i secondi che crescono nel tempo, per gestire i rischi di una crisi sui conti pubblici».

Una proposta che non piacerà ai rigoristi del Nord Europa.
«Il nostro obiettivo è trovare un equilibrio tra l'obbligo di garantire conti pubblici in ordine e la solidarietà, ovvero la capacità di affrontare gli shock e gli squilibri tutti insieme. Vogliamo anche rilanciare un tema posto durante la presidenza italiana dell'Unione: lo strumento Ue contro la disoccupazione. Così si lotta contro gli squilibri dettati dalla disoccupazione in alcuni paesi e si fornisce all'Unione un embrione di stabilizzatori automatici per reagire meglio e con più equilibrio alle crisi».
Alberto d'Argenio

euro , Fiscal compact , piano Juncker
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