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Gozi: terza via fra tecnici e populisti

6 luglio 2015

(intervista di QN al Sottosegretario Gozi)   
 

Tsipras chiederà una ristrutturazione del debito. Il vero scoglio è questo. Sandro Gozi, sottosegretario con delega agli affari europei, è convinto che molto sia stato fatto in questa direzione. «In passato è già stato rivisto per una cifra enorme e i tempi per ripagarlo sono stati di molto allungati. Mi pare una richiesta più simbolica che reale. Tutto questo è già successo addirittura con la Commissione presieduta da Barroso».

Allora qual è il problema che deve essere affrontato ora?
«Ora si deve rendere il debito sostenibile in un futuro anche lontano. La Grecia ha necessità di riforme, di crescita e di credibilità. Non di tagli che in passato sono stati fatti anche in maniera pesante. Ma, se non cresci, puoi tagliare tutto il debito che vuoi senza che cambi nulla».

Che tempi prevede?
«E molto difficile anticiparli. L'altro messaggio che viene da questo referendum è che è arrivato il momento di ridiscutere il governo della nostra moneta. Deve diventare più democratico e più trasparente. Noi, come Italia, abbiamo già fatto proposte. Dobbiamo fare una politica per la crescita e una politica industriale comune e avere un presidente permanente che risponda al Parlamento europeo. Noi rifiutiamo sia l'Europa della tecnocrazia sia quella dei populismi. Vogliamo una vera democrazia transnazionale e una politica della crescita che sia continentale. Altrimenti continueremo a gestire le crisi».

Come si è arrivati a questo no?
«In Europa c'è un vuoto, un deficit di democrazia. E stata costruita troppo dai governi e poco dai popoli. In ogni caso non si può andare avanti a colpi di referendum nazionali. Così si sfascia tutto. In futuro per costruire un'Europa democratica saranno necessari referendum continentali».

Come si riavvia il negoziato?
«La palla adesso è nel campo di Tsipras. Ha organizzato in cinque giorni un referendum e ha posto come domanda formale un accordo già superato. Ora deve presentare la sua proposta».

Ma non ha già risposto il referendum?
«Quello che è stato deciso vale per dieci milioni di greci e non per gli altri 327 milioni di cittadini dei Paesi dell'Eurozona che magari hanno pareri diversi. Certo il, dialogo deve riprendere».

Che cosa potrebbe essere accettabile?
«Prima che i greci abbandonassero il negoziato eravamo abbastanza vicini all'accordo in netta discontinuità con la politica di sola austerità che secondo noi ha prodotto gravi danni ed è quindi sbagliata. Il no dei greci è molto di più sugli errori commessi dal 2010 in poi che non sulla trattativa in corso. E io condivido l'opinione che la politica incentrata solo sull'austerità e su pesanti tagli sul versante sociale ha fallito».

Ma scusi, alla fine che cosa è mancato?
«La volontà politica. In netta discontinuità con il passato c'era un programma di riforme accompagnato da 35 miliardi di aiuti per investimenti, per la crescita e per la creazione di posti di lavoro. In cambio si chiedeva più responsabilità e più impegno a fare le riforme. Cercheremo di superare il dialogo tra sordi fra Schaeuble e Varoufakis».

La Grecia tornerà alla dracma?
«E' interesse di tutti che rimanga nella Ue e nell'Unione monetaria. Ma questo dipende dalla volontà di tutti i 19 Paesi».

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