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"Finalmente l'Europa comincia a cambiare verso"

28 giugno 2014

(Intervista del Sottosegretario Sandro Gozi a l'Unità)


«L'Europa comincia a cambiare verso scegliendo una direzione più politica, più intelligente, più dinamica».

Sandro Gozi, sottosegretario agli Affari europei, non nasconde la propria soddisfazione per l'esito del Consiglio europeo. Le conclusioni concordate dai capi di Stato e di governo indicano un nuovo possibile inizio da cui però, avverte Gozi, l'Italia dovrà essere capace di incassare il massimo. Come? Facendo viaggiare di pari passo a questa nuova marcia europea le proprie «riforme strutturali». Perché al di là di ogni formula lessicale da Bruxelles emerge un rapporto direttamente proporzionale fra riforme in patria e flessibilità in Europa: tanto più l'Italia sarà in grado di cambiare le sue fondamenta, tanto meno rigida sarà l'applicazione delle regole europee.

Dunque onorevole, a suo giudizio è stato un buon vertice per l'Italia?
«Sì, è andato nella direzione che volevamo. Grazie alla determinazione di Renzi è passato il principio di una applicazione delle regole esistenti più favorevole alla crescita».

Non c'è il rischio che si tratti solo di formule verbali, belle parole a cui poi non seguono i fatti? In passato è già successo.
«No. Il fatto che si parli di patto di stabilità e crescita, mentre fino a ieri il patto era solo di stabilità sta a significare che è passato il concetto che la crescita è la nuova priorità. E su questo l'impegno di tutti i leader è comune. C'è cioè la consapevolezza, messa nero su bianco, che oggi il contesto con tassi così alti di disoccupazione e bassa crescita ha bisogno di più flessibilità nell'applicazione delle regole».

E perché dovremmo essere ottimisti che non rimanga tutto sulla carta delle buone intenzioni?
«Perché non va dimenticato che nel 2003 a Germania e Francia fu concesso di uscire fuori dai parametri pur all'interno di una situazione pre-crisi, non drammatica come quella di oggi. Il passo in avanti cioè è che scrivere "uso migliore della flessibilità" per accompagnare le riforme di struttura finalizzate alla crescita non è esigenza italiana, ma di tutta Europa. Insomma c'è un netto cambiamento rispetto a un'Europa, statica, legata solo ai parametri finanziari, tecnocratica».

Questa nuova Ue che promette?
«Che ad esempio ci sarà una nuova politica per gli investimenti a livello europeo e non dei singoli Stati. E anche qui sono state assunte le priorità indicate da noi: infrastrutture, trasporti, energia, ricerca, educazione. Grandi progetti di lungo periodo saranno direttamente sostenuti dalla Ue. E ci sarà la possibilità di attivare anche nuovi strumenti finanziari oltre a quelli già esistenti».

E sui fondi strutturali?
«C'è ovviamente la spinta a utilizzarli in pieno, che era uno di nostri obiettivi. In più però s'è aperta la possibilità di aumentare la parte finanzìata dalla Ue e ridurre quella del cofinanziamento nazionale che per noi sarebbe ovviamente un passo in avanti nella logica di tenere sotto controllo il rapporto deficit-pil perché avremmo la possibilità di incidere maggiormente sull'aumento del prodotto interno lordo incidendo il meno possibile sul deficit».

Sull'immigrazione sono stati fatti passi in avanti?
«Sì. Sia nel documento strategico che nelle conclusioni c'è scritto che va attuato pienamente l'articolo 80 del trattato che prevede solidarietà e condivisione degli oneri e della gestione delle frontiere comuni».

Tradotto che significa?
«Che ora ci sono le condizioni per superare Mare Nostrum come una operazione italiana e trasformarla in un'azione nell'ambito di Frontex. C'è cioè la disponibilità a condividere gli oneri finanziari e gestionali. Tanto più che si parla anche della possibilità di arrivare a un unico corpo di frontiera comune per tutta la Ue».

Tutto bene dunque?
«Non proprio tutto perché volevano il mutuo riconoscimento delle richieste d'asilo ma non è stato possibile per la forte opposizione britannica».

Dopo il vertice di Bruxelles per l'Italia cosa cambierà?
«Che avremo una Ue che ci sostiene e ci incoraggia concretamente e non ci ostacola più. Certo ora tocca a noi fare le riforme, ma questo è il modo migliore per iniziare il semestre di presidenza italiana della Ue e i mille giorni di riforme su cui Renzi e il governo hanno stretto un patto in Parlamento».
 

 

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