Ministro Foti: "Presidente Trump ancora imprevedibile, la premier Meloni si muove con la UE"
11 aprile 2025
(intervista de La Stampa al Ministro Tommaso Foti)
Ministro Tommaso Foti, si può riassumere la giravolta di mercoledì sera: Donald Trump ha bluffato?
«Non è compito mio fare i titoli, ma ad onor del vero questo governo ha sempre detto che le mosse di Trump erano un'evidente modalità per aprire una trattativa. Credo che il presidente americano abbia giocato le sue carte: sapeva che sarebbero arrivate reazioni più o meno decise da molte parti - inclusa l'UE - e che questo avrebbe potuto scatenare una guerra commerciale, ma ha fatto ciò che riteneva utile per il suo interesse. La richiesta generalizzata di privilegiare il dialogo gli ha probabilmente offerto il pretesto per cambiare rotta».
Lei è il titolare degli Affari UE, l'avrete tirato un sospiro di sollievo...
«Il governo Meloni fa ragionamenti più ampi. Vivere alla giornata complica le cose e può avere riflessi sull'economia mondiale notevoli, generando panico e avviando una spirale inflattiva».
Non è che più del dialogo, sul passo indietro americano ha pesato il crollo dei mercati globali?
«E' possibile che anche la prudenza mostrata da alcuni ambienti vicini a Trump abbia influito. Tuttavia, credo che l'obiettivo - mai dichiarato apertamente ma evidente - dietro al suo costante ripetere 'dazi-dazi-dazi' fosse quello di arrivare a trattare su tutti i flussi commerciali che interessano gli Usa. Non si può dire che non ci sia riuscito».
Negli Stati Uniti c'è anche chi parla di un possibile caso di insider trading. Cosa ne pensa?
«Ci sono organi preposti a verificare queste cose. Non mi interessa fare lo Sherlock Holmes della situazione».
Ci si può fidare di Trump?
«Che il presidente americano sia imprevedibile non è una novità. Comunque, in America ha ricevuto la fiducia popolare. L'Italia deve avere una sua strategia, inserita in quella europea. Se la politica dei dazi continua, l'UE dovrà reagire. La stella polare deve essere superare questa fase e rafforzare la coesione dell'Occidente».
Dopo il rinvio di 90 giorni annunciato dal tycoon, il viaggio di Meloni negli Usa assume più i contorni di un bilaterale. La Casa Bianca ha parlato di dazi sotto il 10% solo in presenza di accordi straordinari. È quello che cercherà la premier? Cosa porta l'Italia al tavolo?
«In realtà il viaggio non era pensato solo per affrontare la questione dei dazi. I temi sul tavolo sono molti. Prima che esplodesse questa situazione, si parlava esclusivamente dell'Ucraina, che ora sembra scomparsa dal dibattito. Bisognerà affrontare anche la questione delle spese militari in rapporto al PIL dei Paesi Nato e, perché no, parlare del sistema di difesa che coinvolge l'Unione Europea. Come vede, i dazi sono una parte del nostro rapporto con gli Usa. In ogni caso, noi ci muoviamo nel solco dell'Europa e, dato che l'UE sta andando verso una sospensione dei contro-dazi su acciaio e alluminio per 90 giorni, direi che la calma predicata da Giorgia Meloni su eventuali reazioni di pancia era la giusta strategia. Con Trump bisogna saper rispondere in maniera efficace, non speculare».
Immagino stia parlando della Cina.
«Trump ha usato spesso toni moderati nei confronti di Xi Jinping, ma tra i due Paesi non ci sono forse stati abbastanza segnali di apertura. Vedremo come andrà, ma per ora questa è la dimostrazione che rispondere in modo reattivo non è sempre la soluzione. Se Pechino avesse adottato una posizione ferma ma interlocutoria, come l'Europa, forse avrebbe ottenuto risultati differenti».
Però sull'ipotesi di negoziati "straordinari" per abbassare la soglia delle tariffe al di sotto del 10% non ha risposto...
«Dare delle cifre in questo momento non ha senso. Francamente non mi interessa entrare nei dettagli di quello che ritengo solo folklore mediatico. L'Italia si presenterà con la linea della premier, sostenuta da una maggioranza compatta, a differenza di un'opposizione disordinata che si limita a urlare e a rispondere con volgarità».
L'annuncio Usa è arrivato ventiquattrore dopo che Meloni ha varato "un set di misure" da 25 miliardi di euro per sostenere le imprese. Fondi che in buona parte arrivano dalla rimodulazione del PNRR. Può dirci quali progetti saranno interessati dalla rimodulazione? E poi, non è che con la sospensione dei dazi il piano andrà ripensato?
«Ma quello di cui abbiamo discusso con le categorie economiche non è un piano di reazione ai dazi. Se domani venissero eliminati, non significherebbe che tutto è risolto. La bussola resta la competitività: ridurre i costi energetici e burocratici delle imprese. L'UE, con il Green Deal, ha introdotto vincoli che pesano sulle aziende: alcune misure andranno quindi riviste per sostenere il sistema produttivo, non solo nel breve termine».
Quando saranno resi noti i dettagli del piano? Il negoziato con l'UE è già in corso?
«Stiamo ancora raccogliendo proposte dalle parti sociali e avvieremo tavoli specifici. Ogni settore ha esigenze diverse. Quando avremo definito le misure, le presenteremo in Parlamento. Il negoziato con l'Europa sul PNRR è continuo: siamo alla settima rata, ci confrontiamo ogni settimana».
Per quanto riguarda i fondi di coesione invece? Sono in campo per la guerra commerciale ma non verranno usati per il riarmo?
«Si fa quello che serve. Ma chi sostiene la tesi che quei fondi possono essere usati per acquistare armi non ha letto la normativa. Al limite si potrà includere al suo interno altri capitoli di spesa, come la cybersecurity. Che in Italia non lo si voglia comprendere è un altro discorso».
(intervista di Francesco Malfetano, La Stampa)