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Comunicatori euromediterranei riuniti ad Atene

19 dicembre 2019

Nei giorni 11 e 12 novembre 2019 la capitale greca ha ospitato i lavori del secondo Workshop dei comunicatori euromediterranei (Euro-Mediterranean Communicators' Workshop) e di una tavola rotonda ad alto livello su comunicazione pubblica e migrazione. La prima, riuscita edizione del Workshop si è svolta a Tunisi nel 2018.

L'Euro-Mediterranean Communicators' Workshop riunisce i comunicatori degli Stati membri dell'UE e dei Paesi partner del Mediterraneo. E' organizzato dal Centro internazionale per lo sviluppo delle politiche migratorie (ICMPD) e dal Club di Venezia nell'ambito del programma, finanziato dalla Commissione europea, EUROMED Migration IV (EMM4).

Al duplice evento – organizzato in collaborazione e sotto l'egida del Segretariato generale per le politiche migratorie, l'accoglienza e l'asilo del Governo ellenico – hanno partecipato esperti in materia di migrazione, comunicatori pubblici, giornalisti, accademici, autorità politiche e istituzionali, organizzazioni internazionali. Nel corso dei lavori è stata evidenziata l'importanza di una comunicazione basata sui fatti, in grado di contribuire a una percezione "oggettiva" del fenomeno migratorio da parte della popolazione.

Tema principale: come i comunicatori istituzionali possono prevenire percezioni errate e al tempo stesso contrastare la disinformazione dilagante, operando in modo concreto ed esercitando efficacemente il ruolo-chiave di interlocutori/intermediatori tra i cittadini e la classe politica.

Sia il seminario che la tavola rotonda si sono concentrati sull'esigenza di costruire una narrazione equilibrata e obiettiva sulla migrazione. Negli ultimi anni, il discorso pubblico su questo tema è stato caratterizzato da una forte polarizzazione: da un lato, la cronaca altamente emotiva della situazione "umanitaria" dei migranti; dall'altro, la potenziale minaccia che l'immigrazione non regolamentata rappresenta per la sicurezza, il benessere e la dimensione culturale delle comunità ospitanti. Questa contrapposizione ha un impatto deleterio poiché non facilita la comprensione del fenomeno e influenza negativamente la leadership nel momento in cui occorre spiegare ai cittadini quanto sta avvenendo e sforzarsi di attuare politiche giuste, efficaci e coerenti.

In tale contesto - considerando le interrelazioni triangolari tra comunicazione istituzionale, organi di informazione e opinione pubblica – è cruciale il ruolo dei comunicatori pubblici nel contribuire a creare una diversa narrazione del fenomeno.

A partire dai risultati di una indagine condotta da ICMPD e dall'Observatory of Public Attitudes to Migration (Opam) nel quadro dell'EMM4, nel corso dei lavori sono state elaborate raccomandazioni concrete per sostenere i comunicatori istituzionali impegnati in questo settore.

Opinione pubblica e immigrazione

L'attuale dibattito pubblico sulla migrazione è carico di percezioni infondate e imprecisioni contestuali. Molti degli interventi al seminario hanno ricordato che i cittadini europei sopravvalutano in modo significativo e costante le dimensioni del fenomeno, e i suoi costi sociali ed economici nelle società di accoglienza. Tale distorsione aggrava il clima di ansia che circonda questa tematica e richiede una riflessione approfondita per ricondurre i fatti, in modo convincente, al centro dell'attenzione.  

La diffusione della disinformazione, in particolare dopo la "crisi migratoria" del 2015, ha contribuito ad alimentare la polarizzazione del dibattito, tra chi si oppone fermamente all'immigrazione e chi sostiene una posizione umanitaria. Ciò, a sua volta, ha ostacolato la formulazione di politiche pragmatiche basate sull'evidenza, o ispirate dall'interesse generale della comunità. A questo proposito, le relazioni introduttive del workshop hanno sottolineato la necessità di placare le tensioni e affrontare le paure sociali, garantendo i diritti dei migranti e il rispetto delle convenzioni internazionali. In tal senso, è imperativo che nel dibattito venga considerata la via di mezzo "silenziosa".

L'indagine sull'atteggiamento dell'opinione pubblica nei confronti delle migrazioni nella regione euromediterranea presentata in apertura è stata al centro del partenariato tra EMM4 e OPAM. Tale collaborazione ha prodotto un rapporto che registra una relativa stabilità dell’opinione pubblica nei confronti del fenomeno migratorio, sia negli Stati membri dell'UE che in quelli oggetto della Politica europea di vicinato/ENI. Contrariamente ai recenti risultati elettorali in Europa, i dati raccolti indicano che l'atteggiamento degli europei e dei loro vicini meridionali nei confronti degli immigrati tende a passare da un atteggiamento neutrale a uno leggermente positivo.

Questa apparente contraddizione può essere spiegata con la difficoltà di analizzare in modo adeguato gli atteggiamenti nei confronti dell'immigrazione. Secondo James Dennison (ricercatore capo, OPAM), misurare i comportamenti dei cittadini in base a un semplice schema positivo-negativo non è sufficiente a riflettere la complessità intrinseca dell'argomento. Le risposte ai quesiti variano in modo significativo a seconda della natura del flusso migratorio considerato (asilo, migrazione per motivi di lavoro, ricongiungimento familiare), delle origini del migrante (UE vs. non UE), del Paese oggetto dell'indagine, del periodo scelto, ecc. In altre parole, i sentimenti delle persone nei confronti della migrazione sono fluidi e si inseriscono a fatica in una generica dicotomia "pro/contro".

Creare una nuova narrazione: il ruolo dei comunicatori istituzionali

Le relazioni presentate nel workshop e gli interventi nel dibattito hanno offerto l'occasione per fare il punto sull'efficacia delle campagne di comunicazione pubblica realizzate sulla migrazione. Riconoscendo l'attuale clima di sfida e la congiuntura critica raggiunta, gli esperti e i delegati presenti hanno sottolineato alcune condizioni chiave per una produzione di messaggi più efficace e attenta alle sfumature.

Come discusso a Tunisi nel 2018, l'adozione di una terminologia affidabile è un prerequisito fondamentale.  L'uso improprio dei termini della migrazione e, in particolare, l'assimilazione perpetua tra migrazione irregolare e migrazione, da parte delle istituzioni e dei media, ha dilatato gli aspetti relativi alla sicurezza, alimentando una visione distorta della migrazione in molte società ospitanti. L'applicazione di una terminologia semplificata, trasparente e precisa creerà certamente un ambiente più positivo per l'accoglienza delle iniziative e delle politiche migratorie.

L'intervento di Andrew Geddes (Direttore del Centro per le politiche migratorie) durante la tavola rotonda presso la Fondazione Stavros Niarchos - progettata da Renzo Piano - ha evidenziato come sia cruciale inquadrare correttamente il dibattito pubblico sull'argomento. Le attuali narrazioni sui migranti evocano scenari allarmanti, scatenando risposte emotive da parte di ampi segmenti di pubblico. In questo senso, molti interventi hanno convenuto sulla necessità di riflettere e adottare nuovi criteri per comunicare la realtà della migrazione, fenomeno della vita quotidiana che probabilmente ha effetti positivi e negativi.

In termini pratici, ciò significa "umanizzare" le storie di migrazione e sottolineare i vari benefici indotti dalla mobilità delle persone senza trascurare nessuna delle sfide. Nella sua presentazione, Denis Abbott (esperto di comunicazione), ha aperto alcune linee di discussione, in particolare su come raccontare storie personali e includere meglio, nella nuova narrazione, anche le comunità ospitanti.   

I comunicatori che devono misurarsi con un'opinione pubblica polarizzata spesso faticano a trasmettere contenuti di mediazione. Nei fatti, le campagne pubbliche dirette esplicitamente a modificare gli atteggiamenti delle persone, cioè a costruire una più ampia accettazione dell'immigrazione, non sono riuscite a produrre il cambiamento atteso. A questo proposito, una buona prassi consiste nell'includere e richiamare una più ampia gamma di valori condivisi (patriottismo, famiglia, religione, ecc.) per colmare il divario tra posizioni radicalizzate e dimostrare le compatibilità con una immigrazione regolamentata.

Quest'ultimo aspetto sottolinea come l'ascolto dei cittadini sia fondamentale per una buona comunicazione. Sottovalutare le loro apprensioni in quanto insufficientemente basate sui fatti è controproducente, rafforza l'immagine di una élite politica scollegata dalla propria comunità. Invece, come sottolineato nella presentazione di Aliyyah Ahad (ricercatrice, Migration Policy Institute), è essenziale che i comunicatori e gli specialisti della migrazione considerino seriamente le preoccupazioni economiche, sociali o culturali e adattino di conseguenza le strategie di comunicazione. Ciò richiede uno sforzo per contestualizzare le campagne e orientarle verso specifici segmenti demografici, affinché abbiano una visibilità e un impatto ottimali.

Il contributo dell'Italia al dibattito

Nella sessione dedicata alle buone prassi (Good practices, experiences and complementarity), è intervenuta Rosa Cavallaro, dell'Autorità delle garanzie nelle comunicazioni (Agcom).

In maggio 2019 l'Agcom ha approvato il Regolamento recante disposizioni in materia di rispetto della dignità umana e del principio di non discriminazione di contrasto all'hate speech, allo scopo di assicurare uno specifico presidio regolamentare e sanzionatorio ai principi fondamentali contenuti nel Testo Unico dei servizi media audiovisivi. Tra gli obiettivi principali del Regolamento, combattere l'uso – negli organi di informazione – di espressioni di discriminazione basate su status economico-sociale, appartenenza etnica, orientamento sessuale o credo religioso. In presenza di violazioni sistematiche o gravi, l'Agcom può sanzionare i trasgressori. Anche le piattaforme, attraverso co-regolamentazione, sono coinvolte ad adottare misure per il contrasto online (specie sui social media), di contenuti d'odio o lesivi della dignità umana. 

Riguardo alle discriminazioni legate all'appartenenza etnica, Cavallaro ha ricordato gli interventi dell'AGCOM per richiamare al "rispetto della dignità umana e del principio di non discriminazione" nei programmi di informazione o intrattenimento, utilizzando "criteri-verità, limitando connotazioni di razza, religione o orientamento sessuale non pertinenti ai fini di cronaca". [Delibera n. 424/16/CONS e Delibera n.46/18/CONS].

Nel monitoraggio dei programmi televisivi, l'AGCOM aveva infatti riscontrato criticità nel modo di rappresentare l'immigrazione, della quale era stata evidenziata soprattutto la dimensione "problematica". Ai flussi migratori erano spesso associati termini come "invasione", "ondate", senza un preciso resoconto dei dati ufficiali sugli sbarchi; l'identità dei migranti non era adeguatamente spiegata: i termini "immigrato", "clandestino", "rifugiato" erano spesso usati in modo generico, senza una corretta distinzione tra i diversi status

Per conto del Dipartimento per le Politiche Europee è intervenuta Tiziana Antonelli, che ha fornito dei dati sulla realtà dei flussi migratori in Italia.

Contrariamente a quanto dichiarato dall'opposizione, secondo il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese (cfr. Intervista su Repubblica del 9.9.2019) non siamo di fronte ad alcuna invasione. Ad oggi, nel 2019 gli arrivi sono stati circa 9.600 (9mila e seicento) contro i 22mila del 2018.

La sola lieve tendenza al rialzo riguarda gli sbarchi con piccole imbarcazioni: 6.000 nel 2018, mentre all'inizio del 2019 erano circa 7.500. Sul sito del Ministero dell'Interno sono disponibili dati frequentemente aggiornati (apri il .pdf).

Un fatto importante è avvenuto con l'ultimo sbarco dell'Ocean Viking: in quell'occasione Francia e Germania hanno offerto la loro disponibilità ad accogliere il 72% dei migranti, dando effetto al pre-accordo di Malta, un primo passo che inizia a dare risultati.

In che modo riequilibrare la narrazione negativa sui migranti? Come ricordato da Maciej Popowski (Commissione europea, DG NEAR) nella tavola rotonda, le migrazioni hanno molti aspetti, quindi anche governi e istituzioni – oltre a Ong e liberi giornalisti – dovrebbero impegnarsi a restituire questo “quadro complessivo”, pur senza trascurare i gravi problemi che la migrazione genera.

Consideriamo, ad esempio, il contributo dell'immigrazione alla crescita dell'economia italiana. Secondo dati ufficiali (cfr. Fondazione Leone Moressa), la ricchezza prodotta dai lavoratori immigrati regolarmente impiegati può essere stimata al 9% della ricchezza nazionale. La cifra si riferisce ai soli occupati regolari (2 milioni e 400mila), pari al 10,6% del totale dei lavoratori italiani, per non parlare del lavoro nero. Ma hanno un peso anche gli imprenditori immigrati. Alla fine del 2018 gli imprenditori nati all'estero rappresentavano il 9,4% del totale degli imprenditori.

Percentuali non certo conosciute dal grande pubblico. Quindi diffondere questi dati, parlare dell'altra faccia della medaglia, dovrebbe essere il primo passo di una narrazione più equilibrata e trasparente del fenomeno.

L'Italia condivide con la Grecia – che ha ospitato l’evento – problemi e situazioni simili, entrambi Paesi di prima accoglienza per gli immigrati del sud del Mediterraneo in fuga dalla povertà, dalla guerra e dalla repressione. Occorre che il loro peso sia alleggerito da politiche, responsabilità e azioni europee condivise; poiché i flussi migratori interessano l'intera Europa, la gestione del fenomeno deve essere comune. Non solo tra gli Stati membri dell'UE, ma anche in cooperazione con i paesi terzi di transito e di origine dei migranti, in una prospettiva a lungo termine.

Conclusioni: raccomandazioni pratiche per i comunicatori

Le relazioni e gli interventi dei delegati hanno permesso di formulare alcune raccomandazioni pratiche rivolte agli specialisti della comunicazione e agli esperti di politiche migratorie. L’obiettivo è contribuire alle future campagne di comunicazione pubblica sulle migrazioni e promuovere la condivisione di esperienze tra i comunicatori euromediterranei.

- Campagne di “umanizzazione”: il pubblico è in generale più sensibile al "volto umano" della migrazione. A questo proposito, le campagne con storie personali e familiari sono più facili da raccontare e possono riscuotere una maggiore adesione nel pubblico medio. Allo stesso modo, comunicare chiaramente (e correttamente) i benefici sociali della migrazione deve rimanere una priorità per gli operatori del settore. 

- Contestualizzare le campagne: un messaggio mirato e contestualizzato riesce a mobilitare l'opinione pubblica molto più efficacemente di dichiarazioni generali e generiche. A tal fine, è essenziale che le campagne riflettano e affrontino onestamente le preoccupazioni delle persone sulla migrazione, ponendo le comunità locali e i loro problemi, anche individuali, in primo piano in tali campagne.

- Ascoltare prima di agire: in linea con tali principi, i comunicatori hanno sottolineato la massima necessità di riconoscere e comprendere le preoccupazioni delle persone prima di coinvolgerle. Gli atteggiamenti anti-immigrazione sono molto spesso la traduzione di frustrazioni più profonde e più ampie. È quindi importante analizzare queste insoddisfazioni prima di elaborare soluzioni adeguate.

- Promuovere l'inclusione e la localizzazione: la pratica ha dimostrato che i messaggi più efficaci sono quelli che promuovono la diversità e si rivolgono alla comunità nel suo insieme. Questo ha il massimo effetto nei contesti urbani dove l'"identità della città" può essere una forza unificante e un canale efficace per messaggi inclusivi. Il restringimento delle campagne a livello locale garantisce anche un certo livello di vicinanza alle preoccupazioni dei cittadini, come evidenziato in precedenza.

Il terzo Workshop dei comunicatori euromediterranei si terrà nell'autunno del 2020.

Club di Venezia

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