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Patto verde europeo

Un Patto verde europeo da mille miliardi d'investimenti in 10 anni fra istituzioni, Stati membri, settore pubblico e privato per trasformare radicalmente l'economia dell'Unione Europea e rendere il continente europeo il primo a raggiungere la "neutralità climatica" entro il 2050, nel rispetto degli Accordi di Parigi: è questa la proposta della Commissione europea presentata l'11 dicembre 2019, una serie di politiche trasformative e di azioni interconnesse e coordinate su più fronti, che agiranno sia a livello europeo che nazionale, un vero e proprio "piano Marshall per il clima" che - insieme alla strategia di lungo periodo al 2050, da approvare nei prossimi mesi, - dovrebbe porre l'Unione Europea in rotta verso una completa decarbonizzazione.

La Presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, lo ha definito "il primo passo dell'uomo sulla luna dell'Europa". Il documento traccia infatti un piano per rivedere e presentare, nei prossimi due anni, un ventaglio di strumenti normativi ed economici partendo dal Fondo per la transizione giusta (Just Transition Fund), che dovrebbe aiutare i settori potenzialmente a rischio per la transizione energetica e ambientale, come le centrali a carbone e le aziende particolarmente inquinanti, supportare le imprese a rinnovarsi e i lavoratori a riqualificarsi in un' ottica "green".

Lo strumento vuole fornire un supporto specifico ai territori ancora fortemente dipendenti dalle fonti fossili, che dovranno gestire le conseguenze ambientali e sociali più complesse nei prossimi anni, dalle regioni carbonifere della Polonia a quelle legate a grandi industrie che fanno un grande uso di carbone, come quelle siderurgiche. Il piano vuole coinvolgere tutti i cittadini europei, non lasciando indietro nessuno e garantendo il necessario consenso politico.

Un altro obiettivo chiaro della Commissione è alzare ulteriormente gli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti, come l'anidride carbonica. Entro il 2030 l'Unione Europea dovrebbe ridurre le proprie emissioni del 50%, puntando potenzialmente al 55% (un notevole incremento degli obiettivi fissati qualche anno fa, al 40%). Per assicurare emissioni zero entro il 2050, la Commissione intende presentare entro marzo 2020 la prima "Legge per il clima", che dovrebbe rendere questi obiettivi vincolanti e sanciti dalla legislazione europea. Inoltre, dovrebbe assicurare che ogni politica europea contribuisca o perlomeno sia allineata alla decarbonizzazione.

Fondamentale sarà la revisione del mercato europeo delle emissioni. L'Emissions Trading Scheme ha lo scopo di incentivare la decarbonizzazione nell'industria pesante e nel settore energetico, assegnando un prezzo alla CO2 emessa (tramite l'introduzione di quote che corrispondono all'emissione di una tonnellata di CO2, le aziende possono acquistare permessi quando ne hanno bisogno e possono venderle quando riducono le emissioni). Nei piani della Commissione questo sistema andrà esteso anche al settore marittimo e, forse in futuro, anche alle emissioni dal riscaldamento domestico.

Per evitare la perdita di competitività internazionale delle aziende europee rispetto a competitors da paesi con politiche ambientali molto meno stringenti e costose, la Commissione è pronta a introdurre un meccanismo di compensazione tramite dazi alla frontiera del mercato unico europeo. In questo modo alcuni prodotti di importazione pagheranno dazi maggiori che riflettono il loro maggiore contenuto carbonico. Si dovrebbe così limitare anche il fenomeno del carbon leakage, ossia la delocalizzazione, anziché la riconversione, della produzione inquinante (e conseguentemente di emissioni) dai paesi europei con alti standard ambientali a paesi stranieri con standard più bassi.

Un altro tema fondamentale sarà la riforma della Direttiva sulla tassazione energetica entro il 2021. Il Commissario europeo all'Economia, Paolo Gentiloni, è stato incaricato di rinnovare la direttiva, vecchia di 15 anni e non più in linea con gli obiettivi climatici.

L'intento della Commissione, come esplicitato nel piano, è quello di eliminare i sussidi alle fonti fossili, che corrispondono a prezzi agevolati per carburanti come diesel e benzina.

Il capitolo sulla promozione delle rinnovabili menziona direttamente soltanto l'eolico offshore, ossia gli impianti sul mare. Questa fonte di energia pulita, diffusa particolarmente nei paesi nei paesi del Nord Europa, ha visto diminuire notevolmente i costi di esercizio e verrà supportata dalla Commissione europea con una Strategia europea da presentare entro il prossimo anno.

Il Patto verde prevede inoltre interventi in molti altri settori fondamentali come l'agricoltura, la mobilità sostenibile, l'economia circolare, l'efficienza energetica e la protezione della biodiversità. La transizione energetica e climatica richiede un notevole volume di investimenti: secondo la Commissione serviranno 260 miliardi di euro l'anno solo per raggiungere gli obiettivi 2030.

Per sostenere tale flusso di finanziamenti pubblici e privati, l'Unione Europea si doterà di un fondo chiamato Sustainable Europe Investment Plan che dovrebbe aiutare a mobilitare oltre 1000 miliardi di euro nei prossimi dieci anni. Inoltre, la Banca Europea per gli Investimenti, dopo aver annunciato lo stop dal 2021 ai finanziamenti alle fonti fossili, dovrà diventare una "climate bank", aumentando il proprio portafoglio climatico fino al 50% entro il 2025.

Per raggiungere l'obiettivo di un'Europa carbon-free entro il 2050, occorrerà, accanto al piano UE, aggiornare anche le singole politiche nazionali. Per quanto riguarda l'Italia, il Piano Nazionale Energia e Clima per il 2030 inviato alla Commissione europea, prefigura una riduzione delle emissioni pari al 38% rispetto al 1990.

In questo caso, l'obiettivo è di mobilitare 100 miliardi fra il 2021 e il 2027, riuscendo a combinare investimenti privati (circa 45 miliardi) grazie al piano InvestEU, pubblici (25-30 miliardi) attraverso le garanzie offerte dalla Banca europea per gli investimenti, e l'utilizzo del Fondo per la transizione giusta (30-50 miliardi). Quest'ultimo potrebbe avere a disposizione 7,5 miliardi dal bilancio UE 2021-27, il resto dovrebbe arrivare dagli Stati membri attraverso il cofinanziamento nazionale e il dirottamento di risorse europee destinate ad altri fondi strutturali: il Fondo per lo sviluppo regionale (FESR) e il Fondo sociale europeo Plus (FSE+).

Il Fondo per la transizione giusta rientrerà infatti sotto l'ombrello della politica di coesione e ne seguirà quindi le stesse logiche: dalla gestione condivisa fra autorità europee e nazionali-territoriali, alla richiesta di un maggiore cofinanziamento nazionale per i Paesi più ricchi.

Il Patto verde della Commissione è strettamente legato ai negoziati in corso sul bilancio pluriennale dell'Unione Europea 2021-27 che gli Stati stanno negoziando e che dovrà fare i conti con il buco lasciato dall'uscita del Regno Unito dall'UE. La proposta dell'esecutivo di aggiungere 7,5 miliardi al bilancio sembra dunque insufficiente se non accompagnata da altri elementi. Tuttavia la creazione del Fondo per la transizione giusta è stata accompagnata dalla promessa di una revisione delle regole sugli aiuti di Stato entro la fine del 2021, per consentire di finanziare anche la riconversione e la bonifica di grandi aziende quando queste sono in linea con gli obiettivi del Patto verde. Il fondo potrebbe così diventare una corsia preferenziale attraverso la quale usare fondi pubblici per operazioni attualmente vietate dalle norme sulla politica di coesione e la concorrenza.

Patto verde , Green Deal
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