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«Serve una politica della produzione. La UE di tecnocrati e parametri è finita»

20 agosto 2014

(Intervista del Sottosegretario Sandro Gozi al Messaggero)


Sottosegretario Gozi, Renzi nega piani e trattative segreti per strappare più flessibilità. Può spiegare come stanno davvero le cose?
«Fin dall'inizio abbiamo detto che vogliamo rispettare le regole esistenti, tant'è che l'Italia avrà un avanzo strutturale molto rilevante. Ma allo stesso tempo abbiamo chiesto politiche europee più intelligenti per uscire dalla crisi. L'applicazione rigida di criteri solo contabili non sta dando frutti, perfino i cosiddetti "insospettabili" come Germania, Paesi Bassi, Finlandia segnano una crescita estremamente bassa. Dunque è evidente che dobbiamo applicare in modo diverso le politiche esistenti sfruttando per intero le regole, comprese quelle della flessibilità, per accompagnare un percorso virtuoso dei singoli Paesi sulle riforme strutturali a favore della crescita».

Pensa che questa volta la Germania a crescita sotto zero possa ascoltarvi?
«Il problema non è l'Italia ma l'intera Eurozona. E segnali di ascolto già sono arrivati dal Consiglio europeo di giugno, dell'agenda strategica di Van Rompuy, dalle dichiarazioni programmatiche del nuovo presidente della Commissione Juncker che ha annunciato un piano di investimenti di 300 miliardi in settori come le infrastrutture per l'innovazione tecnologica, l'agenda digitale, l'energia e i trasporti che l'Italia ha indicato all'inizio del suo semestre di presidenza. E' ormai evidente che non si può pensare che la zona euro cresca tenendo a bada i salari e puntando sulle esportazioni: questo modello, come dimostrano i pessimi dati economici, non ha funzionato neppure per la Germania. Serve una vera e nuova politica economica comune. E va assolutamente riaffermato in Europa il primato della politica sulle direttive delle tecnostrutture, lanciando obiettivi importanti di unione politica ed economica. Finora è stata raggiunta solo l'unione bancaria e questa non può certo bastare».

Andiamo più sul concreto: flessibilità per avere più tempo per il pareggio di bilancio e il piano di rientro del debito?
«Per il deficit, ripeto, rispetteremo gli obiettivi. Riguardo al debito, siccome la crescita è molto più bassa in tutta l'Eurozona (Germania inclusa), la riduzione rallenterà. E questa situazione si può invertire solo concentrandosi sulle riforme e sugli investimenti per la crescita. Non lo chiediamo per l'Italia, ma per tutta l'Eurozona che, così com'è, ha dimostrato di non funzionare. Serve una politica industriale e della produzione che finora non c'è mai stata. Basta sfornare solo statistiche e parametri finanziari».

Cosa può fare la Banca centrale europea per la crescita?
«Draghi finora ha fatto un lavoro eccellente e decide in autonomia. Ma tutti debbono fare la loro parte e la Bce dovrebbe procedere a un'iniezione di liquidità condizionata a favore delle imprese. La difficoltà di accesso al credito sta uccidendo molte aziende europee».

Bruxelles ha appena detto che Frontex non ha i mezzi per sostituire l'Italia nell'operazione Mare nostrum. Come finirà?
«Tutti stiamo pagando duramente il costo della non-Europa sul fronte dell'immigrazione. E' vero che Frontex ha capacità limitate, ma le sue dotazioni vanno aumentate. L'Italia non può farsi carico del problema da sola, tutti gli Stati devono fare la loro parte. Noi ci battiamo per questo: Mare nostrum deve diventare un'operazione finanziata dalle risorse di Frontex e partecipata dai vari Paesi».

Il governo ha confermato la candidatura della Mogherini ad Alto commissario. Si è aperto qualche spiraglio o al Consiglio del 30 agosto andrete al muro contro muro?
«L'ultimo vertice, quello del 16 luglio, non è stato preparato come necessario da Van Rompuy. Questa volta siamo convinti di riuscire a far prevalere le nostre ragioni: la nomina di Juncker è frutto in un accordo politico tra Ppe e Pse e questo accordo prevede che il numero due, cioè l'Alto rappresentante per gli affari esteri e di sicurezza, debba essere un esponente del Pse».
Alberto Gentili

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