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Salvare l'Europa cambiando la BCE

17 luglio 2018

(Lettera del Ministro Paolo Savona a la Repubblica)

Caro direttore,
quando il dibattito si svolge in modo civile posso prendere parte anche non condividendo le tesi che vengono espresse. Mi riferisco al commento di Ferdinando Giugliano su Repubblica del 15 luglio. Sorvolo sulla tesi assurda che le mie proposte di rafforzare i poteri della Bce siano il modo per nascondere quelli che chiama "i fallimenti dell'esecutivo", mentre mi soffermo sul perché delle mie richieste, ben note a Carli, firmatario del Trattato di Maastricht, e a Ciampi, autore dell'entrata dell'Italia nell'euro, con i quali all'epoca ho collaborato sia pure in modo dialettico.

L'attuale Statuto della Bce è frutto di un compromesso volto soprattutto a convincere la Germania ad accettare l'euro, complemento indispensabile del mercato unico. Nonostante non fossi d'accordo su questo compromesso - e l'ho messo per iscritto immediatamente - posso comprendere i motivi per cui una nuova moneta, l'euro, si dovesse presentare sul mercato con il messaggio semplice ed efficace di avere un solo obiettivo, la stabilità del metro monetario (ossia niente inflazione), e un unico strumento, il finanziamento del credito privato.

Che la preoccupazione fosse fondata lo dimostra anni dopo l'avvio dell'euro: nel giro di poco tempo il suo cambio estero con la moneta dominante, il dollaro, scese da 1,16 a 0,83. Una volta che il mercato internazionale si convinse che l'euro era una moneta stabile, cominciò il recupero di valore affermandosi come la seconda moneta mondiale. Le conseguenze negative della carenza di potere della Bce sul cambio si rivelarono quando la Cina mostrò un mutamento di atteggiamento politico nei confronti del dollaro e acquistò abbondanti quantità di euro da immettere a sua riserva ufficiale e il cambio euro/dollaro toccò 1,60. A questi valori, il danno per le imprese esportatrici i cui prodotti sono sensibili ai prezzi furono assai gravi, in particolare per le imprese italiane.

Per evitare che la crescita europea dipenda da forze esterne occorre dotare la Bce di poteri sul cambio. Questo motivo è stato chiarito nel documento di Governo e nella relazione presentata in Parlamento che spero Giugliano voglia considerare senza dietrologie.

Dopo la crisi finanziaria mondiale, un vero "cigno nero" à la Taleb, emersero anche le conseguenze dell'altrettanto grave lacuna dei poteri della Bce, quella di non avere la possibilità di effettuare interventi di mercato per contrastare la speculazione. Draghi mostrò grande abilità nel varare l'Omt, più noto come QE (Quantitative Easing) europeo, sfruttando gli interessi dei Paesi che ne avrebbero beneficiato per rientrare dai loro crediti. Poiché nella media europea l'inflazione ha toccato il tetto fissato del 2% e in alcuni di essi lo ha superato, la politica monetaria deve rientrare nella "normalità", ossia procedere secondo i poteri statutari a essa assegnati.

Poiché in Grecia e in Italia, un po' meno in Olanda, l'inflazione è ancora distante dal tetto, nasce il problema di come evitare gli effetti negativi di un rientro anticipato rispetto a sistemi economici proni all'inflazione. Per ripristinare in modo permanente l'ombrello contro la speculazione si deve assegnare alla Bce il compito di esercitare le funzioni di lender of last resort su singoli punti del sistema ove necessario.

Riassumendo, l'euro è la seconda moneta nelle transazioni globali reali e finanziarie, ma non può agire come la Fed americana e le altre principali banche centrali del mondo. È giunto il momento di affrontare il completamento dell'importante istituzione europea per garantire la sua piena operatività e il suo sostegno alla crescita secondo le regole sviluppate dalla teoria e sperimentate in pratica.

Ho anche precisato che, se l'attacco al cambio dell'euro o ai debiti sovrani di un Paese-membro ha radici in squilibri reali, occorre operare simultaneamente per risolverli a parte attivando un apposito strumento europeo. Questo compito non spetta in punta di teoria alla Bce e richiede uno o più strumenti di politica fiscale comune, l'altro problema da me sollevato nel programma di Governo.

Concludo: il Governo Conte, forte del sostegno della maggioranza parlamentare, desidera rafforzare la Bce perché lo ritiene necessario per l'Italia e per il futuro dell'UE. Sarò curioso di vedere chi rifiuterà il conferimento a essa di poteri più ampi. Il Governo chiede in particolare l'attivazione di strumenti per evitare che la speculazione si sostituisca dannosamente ai poteri europei innestando gravi crisi, come già accaduto. Occorre infine che l'Unione Europea decida di intraprendere nuove e incisive politiche di bilancio a favore dei cittadini, in particolare dei più poveri, i perdenti della globalizzazione. Tutto prima delle prossime elezioni europee. Ne va del suo futuro.

Banca Centrale Europea , Euro
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