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«Non cerchiamo lo scontro ma è sempre possibile fare ricorso alla Corte di Giustizia»

24 dicembre 2015

(intervista del Corriere della Sera al Sottosegretario Gozi)


Sottosegretario Sandro Gozi, con la lettera sulle banche la Commissione ci ha detto cosa fare sui salvataggi, oppure, come sostiene, si tratta solo di indicazioni giuridiche?
«La Commissione ha dato la sua interpretazione discrezionale. E noi crediamo sia stata poco saggia».

Perché poco saggia?
«Le regole comuni non hanno una vita propria sganciata dalla realtà dei singoli Stati membri. Noi abbiamo il Fondo interbancario, privato. E sul fatto che il suo utilizzo sia da considerare aiuto di Stato c'è una grande diversità di vedute fra noi e la commissione. Non aver usato soldi pubblici è ottimo. Il "no" all'uso del Fondo interbancario è legalistico».

Qualcuno pensa che il governo italiano poteva andare avanti accettando una procedura d'infrazione. Ma non lo ha fatto perché ha preferito ottenere un po' di flessibilità sui conti pubblici.
«Una ricostruzione fantasiosa. Non abbiamo bisogno di scambi: la flessibilità è per noi una delle priorità politiche fin dall'inizio della commissione Juncker. Certo, non è che poi ogni settimana si può rimettere in discussione come applicarla».

Sulla base di quella lettera state valutando un'azione legale contro la Commissione?
«Non è stata presa una decisione. Ma contro un atto della Commissione si può sempre fare ricorso alla Corte di Giustizia. È nei fatti. Piuttosto spero che la Commissione faccia chiarezza facendo anche un confronto sulle tre diverse decisioni prese sulle banche italiane, tedesche e portoghesi».

Quindi con Bruxelles siamo allo scontro aperto.
«Non direi. Anzi, l'operazione italiana, pulita e conforme alle regole Ue, è il miglior biglietto da visita circa la serietà dell'Italia nel voler completare l'Unione bancaria».

Renzi ha parlato di due pesi e due misure. È un punto di non ritorno, non crede?
«Non sono d'accordo. Il messaggio è stato Bruxelles we've gota problem. Ed è stato recepito, è sotto l'albero di Natale di tutte le capitali europee. Adesso ci aspettiamo propositi migliori per il nuovo anno».

E quali sono?
«Ci aspettiamo di cambiare musica. Non c'è solo Beethoven, ci sono anche Verdi e Puccini, c'è anche Bizet. E serve anche un riforma di come funziona l'Unione europea».

Sta forse chiedendo una revisione dei trattati?
«In prospettiva ormai non è un tabù per nessuno. Nel 2017 saranno 60 anni dal Trattato di Roma. Quello sarà il momento di proporre una forte riforma dell'Unione e dobbiamo prepararla nel 2016. Oggi c'è poco da festeggiare. Ma se vogliamo essere all'altezza di quel momento, oltre all'Inno alla gioia ci deve essere un inno alla politica, intesa come coerenza fra le scelte e gli obiettivi, che restano la crescita e l'occupazione. E un inno al buon senso. Non solo vincoli».

A proposito di vincoli. Anche sull'Ilva, le acciaierie di Taranto, siamo allo scontro con Bruxelles. Sta arrivando una procedura d'infrazione?
«E un tema molto complesso. Anche qui bisogna decidere quali sono le priorità e usare il buon senso. Per altro su Taranto c'è già una procedura d'infrazione sui temi ambientali. E per noi quello è l'aspetto più importante».

Quindi su questo siamo pronti a sfidare Bruxelles?
«Credo si possa arrivare a una soluzione positiva».

Senta, sottosegretario. Non c'è il rischio che il governo Renzi ripercorra la parabola di Berlusconi? Prima attacca l'Europa, poi viene mollato dalla stessa, con tutte le conseguenze del caso...
«Siamo agli antipodi. L'Italia del 2011 era sull'orlo del baratro, senza credibilità, da tutti indicata come un problema».

E adesso no?
«Al contrario. L'Italia è rispettata, la sua credibilità cresce. Oggi è un'opportunità per la stessa Europa. Vogliamo il rilancio e la riforma dell'Unione e siamo certi che capiranno il nostro atteggiamento. Siamo molto combattivi, ma non contro l'Europa».
di Lorenzo Salvia

banche , Roma 2017
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