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Migranti, ultimatum di Gozi all'UE: «Se non ci aiuta ognuno per sè»

14 giugno 2015

(intervista di QN al Sottosegretario Gozi)  


«O l'Europa decide di esistere su temi fondamentali come l'immigrazione, oppure ognuno per sé». Sandro Gozi avverte Bruxelles. Ma, allo stesso tempo, rivendica il ruolo di primo piano dell'Italia sui tavoli che contano. Nessun isolamento, chiarisce il sottosegretario a Palazzo Chigi con delega agli Affari europei. Anzi, nel summit del 25 giugno è certo di portare a casa l'obiettivo: «Sarà sancito l'accordo sulla redistribuzione dei rifugiati tra i 25 Paesi dell'UE (esclusi quindi Regno Unito, Danimarca e Irlanda). Accordo operativo già a luglio».

Sulla questione immigrati di risultali concreti non se ne sono visti tanti: siamo stati abbandonati?
«E assolutamente falso. Per la prima volta, nel negoziato europeo sull'immigrazione, c'è una proposta della Commissione che fa propria la posizione dell'Italia: dalla condivisione alla ripartizione dei rifugiati alla cooperazione con i Paesi di origine e di transito, fino alle azioni contro i trafficanti».

Nel Consiglio europeo, però, ci sarà bisogno di una maggioranza qualificata affinché la condivisione sia sancita come obbligatoria e non su base volontaria.
«Noi chiediamo l'obbligatorietà e sosteniamo la Commissione che chiede l'obbligatorietà. O l'Europa decide di esistere su temi fondamentali come questo, oppure ognuno per sé. In quel caso, cominceremmo anche noi a cambiare atteggiamento. Ma oggi lo scenario è un altro: la Commissione sostiene la nostra proposta, il Parlamento UE è sulla stessa linea».

Non i governi di molti Stati dell'Unione. Rischiamo di non portare a casa il risultato?
«Certamente esiste il problema di alcuni Paesi dell'Europa centrale e orientale che sembrano essere reticenti. Ma per noi non c'è posto in Europa per i viaggiatori senza biglietto, per coloro per i quali l'Europa va bene quando dà tanti fondi e va male quando chiede di partecipare alla condivisione in condizioni di emergenza. Per convincerli stiamo lavorando su criteri e modalità di ripartizione, alla ricerca del miglior equilibrio possibile».

Anche un Paese «vicino» e tradizionalmente aperto come la Francia, però, ha chiuso le frontiere.
«Noi stiamo vedendo in questi giorni esattamente che cosa sarebbe l'Europa se Schengen non esistesse, l'Europa in cui ognuno pensa alle proprie frontiere. In cui tutti i disperati del Mediterraneo stanno in Italia, si accampano nelle stazioni di Roma e Milano e non riescono, come vorrebbero, a uscire dall'Italia. Quando Salvini scimmiotta Marine Le Pen e invoca la fine di Schengen fa un grosso favore ai francesi e un grosso danno agli italiani».

C'è chi parla di assenza dell'Italia e si domanda che cosa abbiamo meno di Hollande.
«Noi confidiamo che il negoziato riesca, ma, come ha detto pubblicamente il Presidente del consiglio, riteniamo che questo negoziato si deve svolgere nell'ambito delle istituzioni europee: Commissione, Banca centrale europea, e all'interno delle istituzioni in cui ci sono i 28 governi. L'Europa che negozia a due, a tre o a quattro non funziona. I negoziatori avevano chiesto a Renzi di partecipare, ma il Presidente non ha ritenuto che quello fosse un buon metodo».
Claudia Marin

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