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"La flessibilità è una regola, non un'eccezione"

24 agosto 2016

(Intervista del Sottosegretario Sandro Gozi ad Avvenire)


"A Ventotene è iniziato un processo politico, simbolico e sostanziale, che proseguirà il 16 settembre a Bratislava e poi a Roma, il prossimo 25 marzo, in occasione dei 60 anni dai Trattati. I tre leader sono assolutamente consapevoli di avere una responsabilità grande e sanno che per convincere i cittadini europei dovranno ottenere risultati concreti già nei prossimi mesi su sicurezza, migrazioni, giovani e crescita. Il bilancio pluriennale dell'Unione cambierà in modo evidente e Roma, Berlino e Parigi si spenderanno personalmente, sia con i Paesi dell'Est sia con gli Stati del Sud, per superare veti e resistenze».

Sandro Gozi, sottosegretario agli Affari europei, contesta chi parla di "passerella" sulla portaerei Garibaldi e di vertice senza risultati forti. "Semplicemente non è vero. Sono stati presi impegni precisi: dalla guardia costiera comune al prolungamento e rafforzamento del piano-Juncker, dall'estensione della Garanzia giovani e dell'Erasmus alle cybersecurity, dal database europeo antiterrorismo allo scambio di informazioni tra le intelligence. C'è una nuova agenda sintetizzabile in tre parole: sicurezza, giovani, crescita. Il cambio di passo mi pare evidente".

Per l'Italia, per gli italiani, la prova concreta del cambiamento delle politiche Ue ci sarà solo nella prossima legge di stabilità Lei è ottimista sulla concessione della flessibilità?
Non sono né ottimista né pessimista. Semplicemente, sono determinato. C'è l'unanime volontà di una nuova politica per gli investimenti. Ciò significa aumentare la dotazione del piano-Juncker e prolungarlo fino al 2019. Ma non basta. Il tavolo zoppica se gli Stati nazionali non possono muovere le loro leve per attrarre investimenti. La nostra richiesta di flessibilità è, semplicemente, la richiesta di applicare regole già esistenti per favorire le riforme e la crescita. La flessibilità non è un'eccezione né uno sconto. È una regola.

Quindi lei è assolutamente certo di una manovra espansiva?
Trovo francamente poco appassionante la polemica di questi giorni tra investimenti, riduzione fiscale e sofferenza sociale. Nella legge di stabilità punteremo su tutto quello che va a rafforzare l'economia. La politica dei due tempi, prima gli investimenti e poi il fisco, prima il risanamento e poi il rilancio e le misure sociali, non funziona più. Le cose andranno insieme, le misure per il rilancio funzionano se ben combinate. E contrapporre investimenti e interventi sociali è sbagliato oltre che anacronistico.

Lei così ci fa intendere che ci prenderemo tutta la flessibilità possibile, come l'anno scorso...
Non è il momento di sparare cifre anche perché un negoziato con la Commissione ancora non c'è. Constato però che la situazione economica europea e internazionale è peggiorata rispetto a qualche mese fa. C'è stata la Brexit, ci sono tensioni internazionali, c'è il terrorismo, c'è la crisi migratoria. Allo stesso tempo noi siamo un Paese pienamente impegnato nella realizzazione e attuazione delle riforme e nella riduzione del debito. Insomma ci sono tutti i requisiti previste dalle regole già esistenti. Del "quantum" potremo parlare a fine settembre con i nuovi dati sul rapporto deficit-Pil e debito-Pil.

Lei dice che lo spirito riformatore di questo governo non si è spento. Quali sono le riforme con cui volete arrivare a fine legislatura e continuare a chiedere flessibilità sui conti pubblici?
Intanto, se passa il referendum, dovremo applicare la riforma costituzionale e non è poca cosa. Poi c'è la giustizia, la ricerca, il sistema tributario e fiscale, la nuova politica industriale. Non abbiamo concluso il nostro lavoro. E più l'Italia mostrerà capacità di cambiamento più avrà credibilità e autorevolezza per cambiare le politiche e le istituzioni europee.

Il governo italiano sembra fidarsi di Angela Merkel. Molti analisti invece credono che le aperture reali di Berlino alle esigenze italiane siano poche...
L'immagine di lunedì risponde meglio di mille parole. Alle spalle dei tre leader c'era il Mediterraneo. C'è nei Paesi leader dell'Unione la consapevolezza di quanto già diceva Aldo Moro: Europa e Mediterraneo vanno insieme, non bisogna scegliere tra l'una e l'altro. Merkel, Renzi e Hollande sanno che solo insieme possono evitare la disintegrazione di un grande sogno e di una grande opportunità.
Marco Iasevoli

Ventotene , Trattati di Roma
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