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Gozi: il cambiamento è partito

13 gennaio 2015

(intervista di MF - Milano Finanza al Sottosegretario Gozi)

Un piano di investimenti nazionali che si affianchi a quello europeo, nuove norme sulla flessibilità delle regole di bilancio e perfino un nuovo ruolo della Bce. Sono le questioni che restano aperte, al termine del semestre di presidenza europeo che è finito ufficialmente a dicembre, ma che si chiuderà davvero oggi, con l'intervento a Strasburgo di Matteo Renzi. Per Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle politiche europee, è tempo di tracciarne un bilancio.

Domanda. Gozi, il governo annovera tra i successi il piano d'investimenti annunciato da Juncker. Eppure molti lo giudicano timido e sotto-finanziato.
Risposta. È solo una prima risposta a un nuovo tema, quello della necessità di sviluppare una nuova politica d'investimenti europea. Siamo stati i primi a parlarne e Juncker ha voluto riprendere questa proposta alla quale stavamo lavorando con i francesi. Il piano non dà tutte le risposte perché queste devono venire innanzitutto da un impegno ancora più forte dell'Unione e poi da un'applicazione più flessibile delle regole, che serva a favorire gli investimenti a livello nazionale.

D. Insomma ora tocca ai singoli Stati?
R. Certo. Quando noi parlavamo d'investimenti non li pensavamo soltanto a livello europeo, ma volevamo che fossero accompagnati anche da altri piani elaborati a livello nazionale.

D. Servono, però, risorse sganciate dai vincoli di stabilità.
R. Presto discuteremo con la Commissione di nuove proposte sul tema della flessibilità e di come applicare le regole in maniera più favorevole alla crescita. Non siamo così ingenui da pensare che sia stato solo grazie all'Italia, ma crediamo di aver grandemente contribuito ad avviare il negoziato.

D. Si discute anche sul ruolo della Bce.
R. La banca centrale di Trichet non è uguale - pur con lo stesso statuto - a quella attuale. Draghi ha dimostrato quanto la Bce possa fare - con le stese regole di ieri - in termini di immissione di liquidità, acquisto di titoli, o invio di messaggi rassicuranti ai mercati. Se Trichet avesse adottato la stessa strategia, avremmo risparmiato tempo e denaro, oltre che sacrifici chiesti ai cittadini europei.

D. Successi e insuccessi del semestre?
R. Il nostro semestre voleva essere l'inizio di un cambiamento e - se noi confrontiamo le questioni su cui discuteva l'Europa un anno fa e le nuove priorità dell'agenda europea attuali - vediamo che il cambiamento si è realizzato. Abbiamo avviato un dibattito nuovo su quale politica economica sia più efficace, abbiamo fatto passare il principio che le frontiere del Mediterraneo sono frontiere comuni e richiedono interventi comuni, abbiamo posto - ancora prima dei tragici eventi di Parigi - il tema dell'importanza dei valori fondamentali e del rispetto della legalità nell'Unione, oltre alla necessità di una nuova politica della sicurezza.

D. Molti si aspettavano interventi in difesa delle imprese italiane. Il cosiddetto Made in Italy.
R. In questo campo diciamo che siamo uno a uno e palla al centro. Volevamo un accordo più completo ma abbiamo comunque resistito ai tentativi di quella che oggi è una maggioranza in Europa e che è contraria al nostro approccio di valorizzazione delle manifatture locali.

D. E gli insuccessi?
R. Avremmo voluto eliminare fin da subito il roaming che costringe a pagare diversamente se un cittadino dell'unione telefona da Roma o da Copenaghen, e avremmo voluto fare di più sulla  cosiddetta agenda digitale. Ma diciamo che contiamo sulla cooperazione della nuova presidenza Lettone per portare avanti queste politiche.
Janina Landau

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