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Gozi: abbiamo fatto i compiti, ora l'Europa rispetti i patti

16 ottobre 2014

(intervista del Mattino al Sottosegretario Gozi)


E ora la trattativa con Bruxelles sulla manovra economica approvata dal governo passa nelle sue mani: spetterà infatti a Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai rapporti con l'Ue, provare ad evitare la bocciatura.

L'Europa, anche se in modo non ufficiale, ha già fatto sapere che la legge di stabilità non sembra andare nella direzione della riduzione del debito pubblico voluto da Bruxelles: ci sono margini di intesa? «Siamo convinti che le scelte adottate siano giuste nell'interesse dell'Italia e dell'intera zona euro. Mi riferisco alla diminuzione della pressione fiscale, alla lotta all'evasione, alla spending review, all'aumento del potere d'acquisto. Vogliamo porre le basi per favorire la ripartenza della crescita. Stiamo applicando le politiche e le regole comuni e non chiediamo deroghe per l'Italia. Bisogna adottare politiche nuove utilizzando la massima flessibilità possibile, così come i leader Ue hanno convenuto prima della pausa estiva nell'agenda dell'Unione che ha prima indicato i nuovi obiettivi strategici e i nuovi metodi per il suo cambiamento e poi, alla luce di questi, ha designato il nuovo presidente della Commissione Juncker».

Eppure la Commissione uscente non gradisce l'intenzione del Governo italiano, dichiarata a fine settembre, di rinviare al 2017 il pareggio di bilancio strutturale.
«Sappiamo che ci sono altre possibili applicazioni delle regole meno aperte rispetto alla flessibilità esistente e più in continuità con quanto è stato fatto negli anni precedenti, che non hanno però portato a risultati positivi: basta guardare alla grave crisi economica e sociale che colpisce l'intera zona euro. Abbiamo detto che avremmo diminuito tasse sprechi e burocrazia. Date le interdipendenze tra le l'economie ciò che facciamo avrà effetti positivi non solo in Italia ma in tutta la zona euro. Ne discuteremo con la Commissione uscente e aspettiamo che Juncker prenda in mano la situazione dal primo novembre: il nuovo presidente è ancor più direttamente impegnato su posizioni favorevoli a crescita e flessibilità».

E se Bruxelles dovesse bacchettare Roma?
«Siamo assolutamente tranquilli. La Commissione farà le sue valutazioni. Vediamo quale posizione avrà. Per adesso dobbiamo concentrarci sulle scelte buone per gli italiani».

Avete previsto eventuali cuscinetti o un possibile piano B?
«In base ai normali processi dell'Unione europea vedremo come procedere in maniera tranquilla e attraverso un dialogo positivo».

A Bruxelles non piace l'idea di alzare l'asticella del deficit sul Pil dal 2,2 previsto al 2,9 per cento, in particolare teme che andare oltre lo 0,5 in un sol colpo possa minare l'abbattimento del debito pubblico.
«Lo 0,5 per cento appartiene a un altro momento economico. Anche rispetto a sei mesi fa abbiamo assistito a un ulteriore peggioramento della situazione economica, viviamo una crisi profonda. Questi nuovi dati vanno considerati nel momento in cui si fanno valutazioni. Negli ultimi sei mesi l'economia si è degradata anche in Germania e in altri Paesi. Ora la valutazione delle leggi di stabilità non è un semplice esercizio aritmetico, ma un fondamentale momento di politica economica, in cui i parametri tecnici vanno messi al servizio della crescita e delle scelte politiche di fondo e non il contrario. E se cambia, al ribasso, il contesto economico e sociale che era stato previsto, anche l'applicazione dei parametri di riferimento della finanza pubblica va adattata alla nuova situazione».

Il semestre europeo a guida italiana ammorbidirà secondo lei la valutazione della legge di stabilità?
«Dico che l'Europa deve essere coerente con gli impegni politici scelti, che ora pongono la crescita al centro delle decisioni con il massimo uso possibile della flessibilità. Gli impegni presi qualche mese fa servono per una nuova impostazione politica, per avviare un nuovo ciclo».

Lo dica fuori dai denti: Roma teme in qualche modo Bruxelles?
«La valutazione fa parte del normale processo di dialogo tra governi e istituzioni europee, non bisogna farne un dramma. Non vedo niente di anomalo in questo. Se arriveranno obiezioni ne parleremo e agiremo di conseguenza. E evidente che anche la Commissione entrante avrà per forza di cose un ruolo chiave in questa procedura».

Renzi prima del varo ha però telefonato a Junker: ha cercato un via libera informale?
«Non so se il colloquio fosse preventivo o meno. Mi sembra perfettamente normale che il premier discuta di manovre così importanti col presidente della Commissione Ue per i prossimi cinque anni. Comunque vada è con Juncker che dal primo novembre dovremo discutere di stabilità e di politiche economiche, anche se il processo di valutazione si avvierà con il presidente uscente Barroso».

Avete inviato la manovra a Bruxelles?
«È stata trasmessa in serata. La data del 15 ottobre è comune a tutti i Paesi. Tutti gli Stati membri sono tenuti ad approvare le manovre e inviarle a Bruxelles, in particolare quelli della zona euro. Ricordo che abbiamo cominciato dall'inizio a parlare della massima flessibilità possibile nell'ambito delle regole esistenti, ancor prima dunque di discutere della manovra, quando col Def abbiamo annunciato uno scostamento dal percorso di riduzione del debito per liberare le risorse per i pagamenti della Pubblica amministrazione alle imprese, come previsto dalla direttive Ue».

Quando si concluderà il percorso di valutazione?
«L'intero processo terminerà a giugno 2015. Barroso può fare valutazioni entro e non oltre il 29 ottobre. Se Juncker, come auspichiamo, sarà operativo a novembre, riprenderà a quel punto il processo, che dovrà includere anche la valutazione delle riforme strutturali, come il Jobs Act, il migliore utilizzo dei fondi Ue, la ricerca, le misure per il lavoro giovanile e tutte le altre misure che contiamo di approvare entro aprile. A giugno si chiuderà con l'adozione da parte dell'Ecofin delle raccomandazioni ai vari Paesi. Il processo andrà gestito alla luce dei nuovi obiettivi strategici, come la lotta alla disoccupazione, la nuova politica degli investimenti con un nuovo piano Ue pari a 300 miliardi di euro aggiuntivi. Vogliamo dare un nuovo volto all'Europa. I nostri sono tutti tasselli di un mosaico di una nuova politica economica europea, di cui la manovra italiana è un tassello fondamentale».
di Sergio Governale

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