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Gli interessi di Weber e le idee di Matteo

4 luglio 2014

(Articolo del Sottosegretario Sandro Gozi su Europa)
 

"Sono gli interessi e non le idee a dominare immediatamente l'agire dell'uomo. Ma le 'concezioni del mondo' create dalle 'idee' hanno spesso determinato - come chi aziona uno scambio ferroviario - i binari lungo i quali la dinamica degli interessi ha mosso tali attività". Il Weber (Max) di Erfurt che anche la generazione Telemaco ha studiato (magari con un programma Erasmus a Heidelberg) ci aiuta a capire la differenza tra le idee indicate ieri da Renzi e gli interessi (e i pregiudizi) con cui il Weber (Manfred) di Niederhatzkofen è intervenuto a nome del Ppe. 

Le idee di Renzi mirano a far uscire l'Europa dal binario morto in cui anni di rigore l'hanno portata. I pregiudizi di Weber vogliono tenerla su quello stesso binario. Renzi pensa ad un nuovo inizio ad alta velocità, Weber vorrebbe mantenere l'Europa su un lento treno regionale. Siamo solo all'inizio di un confronto politico. È naturale, perché sarebbe illusorio pensare
che le posizioni dei rigoristi si possano dissolvere da un giorno all'altro come neve al sole.

Max Planck diceva che una nuova verità scientifica non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine scompaiono, e nasce una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari. Nessuno si augura la scomparsa di nessuno, naturalmente. Ma confidiamo nella nascita di una "nuova generazione europea" - il
"nuovo inizio" di' cui parla il nostro programma - e nella certezza di convincere, con la forza dei fatti, almeno alcuni dei sostenitori delle politiche di "austerità a tutti i costi" degli ultimi anni.

Se il buongiorno si vede dal mattino, possiamo dirci abbastanza soddisfatti. Perché le proposte di Renzi - e le linee specifiche del programma di presidenza italiana - hanno già segnato dei punti a loro favore, con l'accordo raggiunto la scorsa settimana dai leader europei sul documento strategico "Van Rompuy" per i cinque anni di legislatura. È sulla base di quell'approccio e di quelle priorità politiche che il Consiglio europeo ha designato Juncker presidente della Commissione. Ed è su basi simili che i principali gruppi politici in Parlamento europeo hanno rieletto Schulz e valuteranno la designazione di Juncker prima di votare sulla sua elezione.

Un inizio che ha aperto un ampio dibattito interno in vari paesi soprattutto in Germania, ma anche in Olanda - di cui l'intervento di Weber di ieri è l'ultimo esempio sul lato rigorista. Ma anche a Berlino e all'Aia ci sono diverse voci che si alzano per un'altra politica europea. Non aiuta contrapporre nord e sud, grandi stati e piccoli stati. Non aiuta neppure riattivare fastidiosi stereotipi. Ma tutto questo è relativo. Per il "nuovo inizio" che noi vogliamo promuovere, dobbiamo invece lavorare, in Consiglio e in Parlamento, per dare subito seguito a quanto indicato nel documento strategico di fine giugno. Il nostro semestre appena cominciato, questi sei mesi che abbiamo davanti, devono essere i primi di una legislatura europea di vero cambiamento. Innanzitutto sul tema della "flessibilità".

Prima del vertice, alcuni, anche in Italia, non volevano neppure pronunciare questa parola, per paura delle reazioni. Invece i leader europei ne hanno parlato, e hanno fatto molto bene, impegnandosi a utilizzare la flessibilità esistente nel Patto e nelle altre regole europee per perseguire l'obiettivo comune della crescita dopo aver stabilizzato i mercati e le finanze nel pieno della tempesta finanziaria degli anni scorsi. La nuova priorità che viene data alle riforme nazionali al servizio della crescita e del lavoro e ai necessari investimenti soprattutto europei significa anche sfruttare tutti i margini e il potenziale delle politiche comuni, a partire dalle traiettorie di riduzione del debito, per accompagnare e incoraggiare le riforme nazionali serie e credibili. Del resto, lo stesso debito pubblico può diminuire solo attraverso la crescita: una
priorità condivisa da tutti nel vertice di Bruxelles, anche da Olanda, Finlandia e Germania.

Ma di fronte ai vari "stop and go" anche di questi giorni che emergono dal dibattito nelle varie capitali, è evidente che occorre lavorare nelle istituzioni europee, e in particolare in Consiglio e Parlamento, per unire tutti coloro che condividono queste priorità. Nell'emiciclo di Strasburgo ad esempio, il leader liberaldemocratico Guy Verhofstadt, evocando il piano Delors, ha indicato l'altra grande priorità drammaticamente mancata in questi anni: un piano di investimenti comuni europei. Una nuova politica degli investimenti comuni, con regole più giuste, mobilitando le risorse finanziarie disponibili, a partire dalla Banca europea per gli investimenti, e sviluppando anche nuovi strumenti finanziari è esplicitamente prevista sempre nel documento Van Rompuy. È su questa base che governi e parlamentari europei possono lavorare già durante il nostro semestre per finalmente permettere all'Europa di fare gli investimenti necessari per le politiche dell'energia, del digitale, dei trasporti, delle telecomunicazioni, della ricerca o dell'istruzione.

La cooperazione tra Consiglio e Parlamento e all'interno del Parlamento tra tutti coloro che nei vari gruppi politici condividono la necessità di cambiare binario è decisiva. Mai come in questo momento l'Europa ha la possibilità di rilanciarsi attraverso la politica e i valori, dopo essere stata per anni prigioniera di rigidi parametri finanziari. «La burocrazia è tra le strutture sociali più difficile da distruggere» scriveva il Weber di Erfurt. Oggi sta a noi liberare l'Europa dalla pericolosa morsa tra tecnocrazia e populismi in cui si è cacciata e rispondere con la politica alla fortissima domanda di cambiamento che gli europei hanno gridato nel voto di fine maggio.
Sandro Gozi

Jean-Claude Juncker , flessibilità , Presidenza italiana
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