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Cosa fare per sconfiggerli

29 marzo 2016

(articolo sull'Unità del Sottosegretario Gozi)


Al Asriya, Iraq: strage di innocenti in un campo da calcio. L'assassino-kamikaze è l'islamista Saifullah
al Ansari, 25 anni. Lahore, Pakistan: strage di bambini. Gli assassini sono terroristi talebani. Il tutto pochi giorni dopo i massacri di Bruxelles, i cui i macellai che hanno massacrato nostre sorelle e fratelli invocando l'Islam vivevano a Bruxelles. Tanto per ricordarci, se fosse stato ancora necessario, che siamo di fronte a uno scontro globale tra barbarie e civiltà. Una barbarie allo stesso tempo estremista, che trova nell'islam una scusa per dare sfogo alla sua violenza primitiva, ed islamista, che legge in modo medievale il Corano.

Più che le diverse ragioni della violenza, devono interessarci le nostre risposte. La prima deve essere di grande unità, nazionale ed europea. Di fronte ai barbari dobbiamo fare prova di nervi saldi e solidità democratica. I barbari vorrebbero che noi diventassimo come loro: ciechi di fronte ai nostri valori, ottusi di fronte alla minaccia, divisi e quindi più deboli nelle nostre società come in Europa.

Al contrario, noi vogliamo e dobbiamo rispondere a questa odiosa minaccia transnazionale con una nuova politica transnazionale.

L'Europa ha ora un'occasione enorme e un dovere imprescindibile: diventare sé stessa. Gli egoismi e le miopie nazionali hanno peggiorato il problema. Non possiamo rimanere intrappolati nella palude della diffidenza reciproca. Chi ci ha preceduto ci ha lasciato l'Europa dei diritti fondamentali e della libertà. E noi a questi diritti e a queste libertà non vogliamo rinunciare. Per questo, ora dobbiamo costruire l'Europa della sicurezza: sicurezza innanzitutto peisonale e collettiva. Ma anche sicurezza economica e sociale. Facciamo tesoro del passato: dalla guerra fredda ai terrorismi nazionali ed internazionali, come europei, abbiamo sempre saputo rispondere alle minacce esterne alla nostra sicurezza e ai nostri modelli di società con più unità europea.

Oggi siamo chiamati a superare una doppia contraddizione. La contraddizione di Lisbona, poiché abbiamo un trattato che parla di politiche comuni dell'immigrazione, di solidarietà contro il terrorismo, di possibilità per tutti i paesi europei che lo vogliano di integrare le politiche di sicurezza, difesa e intelligence. Ma non è attuato.

E la contraddizione degli Stati nazionali, che si ostinano a considerare la sicurezza una "questione nazionale" quando ormai le minacce sono dentro e fuori i confini nazionali e vanno combattute con politiche e strumenti sovranazionali.

Eppure, i terroristi ci considerano "una cosa sola" quando si fanno saltare in arie nei nostri aeroporti o nei nostri ristoranti. E sempre di più, anche le nostre opinioni pubbliche reagiscono come "una cosa sola" perché sono ormai consapevoli che i ripetuti attacchi nelle varie capitali europee sono contro tutti noi.

Chi non si considera "una cosa sola" sono i governi, le polizie, i servizi segreti, gli apparati giudiziari. E questo è evidente nei casi eclatanti, come dopo gli attacchi terroristici in larga scala. Ma accade troppo spesso in ogni singolo negoziato.

Ora tutti sembrano averlo capito. Soprattutto, la pressione mediatica e pubblica è molto forte e dobbiamo allora usarla positivamente per superare ritardi, inerzie e reticenze. Per cominciare, dobbiamo attuare molto rapidamente í dieci punti operativi su cui si sono accordati i ministri europei degli interni e della giustizia la scorsa settimana. Non perché siano sufficienti. Ma perché dobbiamo dimostrare di voler veramente aprire il nuovo cantiere dell'Europa della sicurezza, cominciando ad accelerare i negoziati incorso e ad attuare le decisioni già prese.

Denunciamo le false soluzioni: rinunciare alla nostra libertà o ritornare alle frontiere nazionali, contro terroristi della nostra nazionalità non serve a nulla: anzi, è controproducente. Cedere qualcosa sulla privacy e consentire che i nostri dati quando prendiamo un aereo vengano registrati ed utilizzati per prevenzione, controlli e indagini invece costa poco e serve molto: allora non perdiamo altro tempo.

Se il vero potere delll'informazione in passato consisteva nella sua escluisività, oggi l'informazione è utile se viene condivisa in Europa: ecco l'importanza delle banche dati comuni e di un vero centro europeo per coordinare le attività di intelligence. Dobbiamo poi abbattere le barriere che ostacolano le indagini di polizia e giudiziarie nella nostra Unione: i nostri poliziotti e i nostri giudici non possono muoversi più lentamente e i terroristi come El Bakraoui a causa di ostacoli giuridici e burocratici. E usare meglio gli strumenti che abbiamo, come le squadre investigative comuni.

Politiche sovranazionali europee anche per avere più forza nel combattere il terrorismo sulla scena globale e per pretendere dai nostri partner, a partire dalla Turchia, forte coerenza e piena cooperazione per far fronte ad una crisi senza precedenti.

In sintesi, ciò significa fare una cosa allo stesso tempo molto semplice e molto complessa: condividere la nostra sovranità per ritrovare, insieme, la vera capacità di combattere la barbarie, in Europa e nel Mondo.

Anche questo però non basta: dobbiamo guardare molto bene anche dentro le nostre società. Ed essere molto più esigenti nel pretendere da tutti non solo il rispetto pieno dei nostri valori, ma anche l'impegno attivo per la loro tutela. I diritti riconosciuti dalla nostra Costituzione, le libertà riconosciute dalla Carta dei diritti fondamentali UE sono la miglior tutela anche per i musulmani che vivono in Italia e in Europa. Ecco perché ci aspettiamo da loro una denuncia dura e netta della violenza e una lotta altrettanto dura contro le ambiguità - e a volte l'omertà - che caratterizzano le comunità musulmane nei nostri paesi. Costruire un Islam italiano ed europeo vuol dire proprio questo: riconoscere diritti in cambio del riconoscimento dei nostri valori.

Siamo società laiche; da noi le donne sono uguali agli uomini e non le puoi imprigionare in un burqa contro la loro volontà; le minoranze vanno tutelate così come le diversità, anche sessuali; abbiamo il diritto di credere ma anche di non credere e di fare satira contro chi crede. Se nella cultura di riferimento di tanti nuovi cittadini o aspiranti tali questi principi e quette libertà sono fantascienza, noi dobbiamo essere ancora più esigenti nel vederle rispettate da tutti nelle nostre società. In cambio di questo, dobbiamo rieonoscere i loro diritti nello spazio pubblico, a partire dalla libertà religiosa.

Se li escludiamo da tutto, infatti, se vivono in non luoghi ci teniamo una bomba sociale ad orologeria. Se diamo diritti - e quindi visibilità - in cambio del rispetto dei nostri valori, possiamo anche controllare e prevenire meglio tutti i rischi di fondamentalismo. Ora dobbiamo dimostrare il coraggio e la lungimiranza che sono mancati in passato per battere la barbarie. Lo dobbiamo a tutte le vittime innocenti e alle loro famiglie. Lo dobbiamo a chi in passato si è battuto per le nostra libertà di oggi.
Sandro Gozi

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