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Comunicare al tempo dei 'social media'

15 febbraio 2011

La sede del Comitato delle Regioni e del Comitato Economico e Sociale Europeo a Bruxelles ha ospitato il 10 febbraio due seminari del Club di Venezia (l'organismo informale che dal 1986 riunisce i responsabili della comunicazione istituzionale degli Stati e delle istituzioni UE). Entrambi gl incontri hanno visto una partecipazione di circa cento iscritti. Al mattino si è discusso di “Web 2.0, Web 3.0, social media e comunicazione”, nel pomeriggio di “Comunicazione istituzionale nel post-allargamento della UE”. 

Web 2.0, Web 3.0, social media e comunicazione

Nel corso del primo seminario sono intervenuti esperti provenienti da tutta Europa, dei settori sia pubblico che privato. Introducendo i lavori, Niels Thogersen - vice presidente onorario del Club ed ex direttore della DG Comunicazione della Commissione - ha detto: “Il nostro scopo è analizzare e riorientare lo sviluppo dell’innovazione e comprendere come le esperienze di social network offrano buone pratiche a istituzioni e soggetti di interesse pubblico, che cambiano linguaggi, format comunicativi e cultura del servizio. Soprattutto, cambiano la velocità con cui tali processi si svolgono”. 

Facebook: un popolo di 500 milioni. Come interagire? 

Per Elizabeth Linder (Facebook Londra) i "social media" sono uno strumento ormai imprescindibile per la politica e per i governi, poiché offrono loro la possibilità di comunicare con il mondo esterno. FB dà alla gente il potere di condividere e rende il mondo più aperto e interconnesso; conta ormai 500 milioni di iscritti, dei quali il 50 per cento si collega al network ogni giorno; ospita 30 miliardi di nuovi contenuti ogni mese, tradotti in oltre 70 lingue. Le pagine di FB che “funzionano” di più sono quelle mirate a coinvolgere attivamente i cittadini; creare comunità di interesse; socializzare idee; fornire informazioni.     
 
Laura Dagg ha raccontato la success story di "Toute l’Europe", il più completo portale francese di informazione sull’Unione Europea (oggi disponibile in tre lingue), creato nel 2006 e con molti ottimi “emuli” in altri paesi (l’italiano Vivieuropa, tra gli altri). Conta 350mila visitatori unici al mese, di cui il 70 per cento proviene dai motori di ricerca (a riprova che esiste una notevole domanda di informazioni sull’UE). 

logo toute l'europeA proposito di "social media", nel settembre del 2010 "Toute l’Europe" ha lanciato il servizio “Tweet your MEP”, disponibile in 4 lingue, che offre la possibilità di inviare un messaggio attraverso Twitter agli eurodeputati dei 27 Stati membri - il 60 per cento dei quali usa i "social media" - con l'obiettivo di avvicinare il Parlamento europeo alla popolazione (secondo Eurobarometro 2/2010 solo il 38 per cento degli intervistati ritiene che gli eurodeputati ascoltino i cittadini).

Oggi "Toute l’Europe" conta 3.000 abbonati su Twitter e 4.400 amici su Facebook, dove ha anche una pagina di fan; una volta al mese organizza anche una chat con un personaggio pubblico di rilievo (un’ora di domande e risposte in diretta).   

Istruzioni per l'uso

L’uso dei "social media" da parte dei comunicatori pubblici - ha continuato Dagg - comporta alcune regole: in primo luogo ascoltare; rispondere tempestivamente; “editorializzare” i contenuti (bando, quindi, alla funzione “copia e incolla”); aggiornare le pagine più volte al giorno; non fare “spam” (ovvero non pubblicare troppi contenuti e troppo spesso); essere aperti alle critiche; non dimenticare che si è responsabili di tutto quel che si pubblica.   

In conclusione, i “social media” sono essenziali per la comunicazione istituzionale contemporanea, ma occorre adattare il messaggio, che non può essere statico o destinato anche ad altri media (es. i comunicati stampa). Ricorrere al Web 2.0, l’Internet interattivo, non basta: bisogna avere contenuti originali da pubblicare, pensati per i “social media”.

Il titolo dell’intervento di Colin Hensley (“Online in troubled times”) si riferisce alla difficile esperienza vissuta dal responsabile della comunicazione della Toyota nella primavera scorsa, quando un’anomalia al pedale dell’acceleratore (forse all’origine di alcuni incidenti mortali) obbligò la casa automobilistica giapponese a ritirare milioni di vetture dal mercato. 

Un danno d’immagine incalcolabile, che si è tentato di recuperare con ogni mezzo, “social media” compresi. A questo proposito, Hensley ha ricordato che un soggetto multinazionale deve misurarsi con un sistema mediatico attivo 24 ore al giorno nel mondo, con il quale è assai complicato interagire tempestivamente. Nell’uso dei “social media” occorre quindi dotarsi di linee-guida e basarsi su tre priorità fondamentali: ascoltare, coinvolgere, monitorare.

blog sono un’ottima sede per porre domande e quindi per dare risposte, Twitter è il sistema migliore per raggiungere i giornalisti (come pure i clienti) in tempo reale. Con la campagna “La tua Toyota è la mia Toyota” l’immagine della Toyota ha iniziato a migliorare.

Nick Jones (Central Office of Information, governo britannico) ha ricordato che nel Regno Unito il 73 per cento dei cittadini ha accesso ad Internet, il 44 per cento ha un profilo su un social network, 25 milioni di cittadini sono su Facebook (di cui il 90 per cento si collega almeno una volta al mese). Il 62 per cento delle maggiori organizzazioni usa Twitter per farsi pubblicità ma solo il 27 per cento per fornire assistenza ai clienti. Il 22 per cento usa il telefono mobile per collegarsi ai social network (dato in forte crescita), il 35 per cento per accedere alle news. 

Fino a poco tempo fa si apprendevano le notizie dai giornali o dalla TV, adesso si cercano su Google, o Twitter (per avere l’opinione degli amici).  La rapida evoluzione dei modelli di comunicazione impone un cambiamento di mentalità ai comunicatori pubblici. “Intervenire nei ‘social media’ – ha spiegato Jones – significa guadagnarsi il diritto ad entrare in conversazione con gli altri utenti, e spesso non controllare il mezzo”. Per questo è  indispensabile darsi delle regole. Lo ha fatto ad esempio l’esercito americano, pubblicando un interessante manuale in proposito, U.S. Army Social Media Handbook [.pdf - 5,4 MByte], e il Central Office of Information (governo britannico), che ha redatto una guida rivolta a tutti i comunicatori del settore pubblico, "Moderating online discussions", per prepararli a gestire, moderare e favorire le discussioni online.

Sono inoltre intervenuti, tra gli altri, György Urkuti, per conto della Presidenza ungherese del Consiglio dell’UE e – in rappresentanza della Commissione UE – Martin Atkinson (JRC), Henric Stjernquist (DG Occupazione) e Stefano Bertolo (DG Società dell’informazione). Quest’ultimo si è soffermato sulle più recenti acquisizioni in tema di Web 3.0, descrivendone possibilità e limiti. Il Web semantico, attraverso la presenza di parole chiave nel testo e la costruzione di connessioni “intelligenti” tra i documenti, permette una ricerca molto più evoluta e rilevante (per l’utente), rispetto al Web di precedente generazione. Il giornalismo è uno dei campi più interessati dal Web 3.0: alcune grandi testate, come il New York Times, la BBC e il Guardian hanno già attivato un servizio di ricerca di questo tipo nelle proprie banche dati. 

 

Comunicazione istituzionale nel post-allargamento della UE

 

Il secondo workshop è stato aperto da Hans Brunmayr, vice presidente onorario del Club ed ex direttore generale del Consiglio UE: “La comunicazione svolge un ruolo cruciale nel processo di allargamento, per garantire il sostegno pubblico e mantenere la politicità del processo stesso. E' importante che il Club si concentri sull’analisi dell’opinione pubblica (società civile) e su come si attua la copertura mediatica dei fatti salienti dell’allargamento. E sia in grado di mettere in rete chi ha responsabilità in questo quadro comunicativo”. 

Il seminario si è articolato in tre parti: una sessione dedicata all'opinione pubblica europea, con contributi di Olivier Alsteens (governo belga), Bruno Denoyelle (governo francese) e Agnieszka Kudlinska (governo polacco); una sessione dedicata al ruolo dei media con contributi di Tomas Miglierina (vicepresidente International Press Association, Svizzera), Pierre Lemoine (Europolitique), Alen Legović (corrispondente a Bruxelles dalla Croazia), Duygu Leloglu (corrisopndente a Bruxelles dalla Turchia); e in una sessione finale dedicata alla comunicazione dei governi su questa materia, con contributi di Kanerva Kuisma (Affari Esteri, Finlandia), Zvonimir Frka-Petešić (Missione Croazia UE), Branko Baričević (ambasciatore di Croazia alla UE), Catherine Wendt (Commissione UE), Corina Stratulat Balfour (EPC), Marco Incerti (CEPS). 

Le sessioni plenarie del Club di Venezia nel 2011 sono previste a Varsavia (25-27 maggio) per iniziativa del governo polacco, e come di consueto a Venezia per iniziativa del governo italiano, in particolare del Dipartimento Politiche Comunitarie. 

Club di Venezia

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